Ora che la parola vana dà così abbondante spettacolo, bisogna tentare di abitare là dove la parola viene rimessa nella vita, nel tentativo di dotarla di nuovo delle proprie potenze. Per questo occorrono i corpi, con la loro energia danzata, il canto, e tutta la forza della scrittura registica che in qualche modo doma, zittisce e potenzia quella parola.
La Trilogia si apre con Non ancora, eppure già, realizzato dal percussionista Enrico Malatesta con Attila Faravelli. Un passaggio che pone il pubblico in una immersione acustica densa di suoni arcaici e di ombre, disponendo ad un più attento ascolto.
La seconda parte, Discorso ai vivi e ai morti, ha al centro una figura esausta, interpretata da Mariangela Gualtieri, attorniata dal coro. Pone parole quasi testamentarie, lascito in versi di chi sta per disimparare tutto, sul punto di entrare nel grande mistero.
Da questa accettazione tremenda e pacificata, nasce l’esuberanza di Giuramenti, con dodici giovani interpreti d’eccellenza, con la loro grande vitalità di movimento e con la solennità, la follia, la determinazione di un giuramento.