Paolo Villaggio è stato un acuto osservatore del nostro tempo, un testimone unico e sagace che ha raccontato, come pochi altri, decenni di storia e di vita italiana attraverso quei personaggi che – da grande attore comico – ha saputo creare. La sua narrazione è stata una critica sociale aguzza, una ricostruzione di un mondo osservato per paradossi nelle sue contraddizioni prima della sua definitiva dissoluzione.
Fantozzi, Krantz e poi la moglie Pina, la figlia Mariangela, i colleghi Fracchia, Filini, Calboni, la signorina Silvani sono tessere di un mosaico, sono maschere di una rinnovata commedia dell’arte con cui Paolo Villaggio ha dato voce a una categoria umana oscillante tra opportunismo e cattiveria, tra piaggeria e violenza, tra disincanto e feroce arrivismo. Villaggio registra, come un sismografo sensibilissimo, l’esplosione di un mondo segnato dai padroni – quei Megadirettori Galattici e Naturali tanto simili a divinità – e dai “servi”, ovvero la “mostruosa” genia impiegatizia, approfittatrice, servile: un coro in perenne lotta per la sussistenza.
Nella visione registica di Davide Livermore, a leggere bene le pagine di Villaggio, allora, torna emblematicamente l’eco di tragedie classiche, di destini segnati e ineluttabili, di peripezie che portano all’unica soluzione possibile: la disfatta. In scena ci sarà l’attore Gianni Fantoni, che è stato a lungo a fianco di Paolo Villaggio e che ne ha ereditato la maschera scenica (in un passaggio di consegne fortemente voluto da Villaggio stesso), a dare voce e gesti a un possibile Fantozzi di oggi. Nuovamente, pronto a dar battaglia.