Dopo il ritiro di Rossini, la morte precoce di Bellini, e Verdi ancora alle prese con gli anni di galera, il melodramma italiano, per l’estero, si identificava con un unico nome: Gaetano Donizetti. Sarà anche per questo vuoto momentaneo che Donizetti dovette, come è noto, soddisfare tutte le esigenze, lavorando come un pazzo a opere comiche e opere serie, il più delle volte contemporaneamente? È possibile; in ogni caso sta di fatto che a Parigi, tra il 1840 e il 1843, Donizetti rappresentò ben tre capolavori, molto diversi l’uno dall’altro: La favorita, Don Pasquale e La fille du régiment (prima parigina, all’Opéra-Comique, 11 febbraio 1840, prima italiana, Milano, Teatro alla Scala, 3 ottobre dello stesso anno). Il libretto, scritto a quattro mani da J. H. Bernoy de Saint-Georges e J.F. Byard, era piuttosto convenzionale. In sostanza, la consueta vicenda di un amore contrastato. Maria, vivandiera dell’esercito, è in realtà stata adottata dall’undicesimo reggimento svizzero, di stanza in un paesello, ed ha come padre putativo il sergente Sulpizio. Tonio, un giovane tirolese di cui Maria è innamorata, si arruola nel reggimento. Ma la marchesa Berkenfield riconosce in Maria una nipote e la porta con sé al castello per educarla secondo il rango della sua vera famiglia e soprattutto incoraggiarla ad un matrimonio conveniente con il duca di Krakerntorp. Si scoprirà presto che la marchesa è la madre di Maria. E, in quanto madre, alla fine la marchesa non potrà che assecondare i veri sentimenti della figlia, permettendole di sposare l’amato Tonio. Trama collaudata, dunque, ma sempre attuale nel rappresentare l’incompatibilità tra i sentimenti veri dei personaggi e i sentimenti imposti dai doveri sociali (il tema sarà fondamentale in Verdi, in cui assumerà aspetti molto più drammatici). Donizetti, che non poteva fare a meno di esprimere anche nelle vicende più briose i contrasti del proprio animo (basta pensare alla patetica “Una furtiva lagrima” inserita nel bel mezzo del comico Elisir), realizza con La fille una partitura trascinante e ricca di situazioni musicali diversificate. Il tono militaresco non copre mai il canto, vero centro della scrittura donizettiana, un canto talmente cesellato da far rimpiangere ad un musicista raffinato come Mendelssohn di non aver composto lui La fille du régiment, passata alla storia come la migliore opera francese non scritta da un francese.
Leggi tutto
Leggi di meno
Leggi tutto
Leggi di meno