Sul palcoscenico di Melò, tracce di vita, di speranze sopravvissute al dolore e al rifiuto, di disperazioni e sempre nuovi espedienti per salvarsi dal passato. Una scrittura frugale e scarna in cui la parola è un contrappunto a sguardi e gesti dei personaggi, quasi svuotata di sostanza per via della sovrabbondanza di ripetizioni e variazioni che spingono lo spettatore ad abbandonare ed andare oltre il senso letterale della vicenda. Ed è proprio lo spettatore ad essere l’esito di un percorso che punta a mettere in risalto l’attore e la sua insostituibile presenza in scena.
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