Prosa
MELò

La Noia.

La Noia.
Martedì 20 Ottobre 2010 va in scena al Teatro Argentina di Roma per la prima volta Melò di Mirko Feliziani. La povera trama racconta di una reminiscenza di un servo su di un passato carico di tensioni nei confronti della propria padrona. Racconta della fine di questo flashback e dell’epilogo contorto di quelle azioni che compirono il suddetto servo e la sorella. Lo spettacolo, che vive la fondamentale bidimensionalità temporale per mezzo di una quinta trasparente, si permette pure un espediente meta teatrale. Si coglie subito l’esigenza di quest’ultimo nel momento in cui la testa comincia a pesare sul collo dello spettatore. Lo stacco però è troppo forte. Il risveglio improvviso è vissuto dallo spettatore come un trauma, una finestra spalancata d’un tratto, d’inverno, sul tepore di una camera. Si, perché Melò si presenta come una “partitura da camera”; da letto. In sostanza, uno spettacolo con una buona idea registico-scenica ma rappresentata male. C’è da sottolineare il buon lavoro delle luci su di un’apprezzabile scenografia di carattere minimale, come i costumi, del resto. Minimale è anche la recitazione. Se si pensa al concetto dello spettacolo che propone un’esagerazione del parlato per giungere ad annullarlo verso il risalto delle azioni, emerge il senso di quell’attributo. Per dare una cifra: Mirko Feliziani dimentica la sua stessa drammaturgia e sbaglia i tempi di sovrapposizione vocale. Concluderei sottolineando la volontà dichiarata dallo stesso regista di portare in primo piano “l’azione fisica” tramite il trasbordo delle parole. L’unico appunto: queste azioni dovrebbero esistere in scena. A cura di Manuel Cazzoli
Visto il 20-10-2009
al India sala B di Roma (RM)