Sarah Kane, autrice tra le principali rappresentanti della nuova drammaturgia inglese, offre una rilettura del mito rifacendosi alla “Fedra” di Seneca. Il testo ruota attorno a sesso e alla violenza all’interno di una degradata sfera della famiglia, considerata una “cellula malata”. Sarah Kane, decostruisce la vicenda dell’amore di Fedra verso il figliastro Ippolito in brevi sequenze dal linguaggio duro, quotidiano e senza alcun pudore. La famiglia di Ippolito è solo una facciata regale da mantenere pulita. Ippolito è un bel principe, molto annoiato ed imbolsito che mangia patatine e pop corn e si masturba davanti al televisore. La sua castità si trasforma in una particolare apatia, che lo porta a praticare il sesso smodatamente con uomini e donne senza esserne ma coinvolto, mentre Fedra è una donna innamorata e umiliata. L’impossibilità di avere Ippolito va al di là del contatto fisico. Ippolito non c’è, niente può coinvolgerlo. Il suicidio di Fedra e l’accusa infamante di averla stuprata fornisce ad Ippolito la spinta decisiva, il pretesto che cercava da tempo per lasciarsi autodistruggere. La matrigna gli ha regalato la possibilità di mettere in moto gli eventi.
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Regia:
Adriana Martino
Autore:
Sarah Kane