C’è molto teatro in questo primo dei grandi romanzi che resero celebre all’estero il nome di Dostoevskij e che rimane il più noto e popolare ancora oggi. Teatrali sono i grandi effetti che accompagnano una vicenda a sfondo poliziesco, ma soprattutto tali risultano essere i rapporti tra il giovane Raskolnikov, autore dell’omicidio di una vecchia usuraia (e, accidentalmente, anche della sorella di lei), e il giudice Porfiri Petrovic, incaricato dell’istruttoria di un crimine di cui conosce già il colpevole, ma aspetta che questo vada spontaneamente a denunciarsi. Ricchissimo di eventi, il romanzo di Dostoevskij (1821-1881) si dirama in una grande quantità di personaggi (tra gli altri, la giovane Sonja Marmeladova, che prostituendosi cerca di venire in aiuto alla sua famiglia; l’alcolizzato padre della ragazza che vive solo dell’ammirazione della sua seconda moglie Caterina Ivanovna) e fa del gesto di Raskolnikov lo specchio su cui si riflettono, mescolandosi, i principali motivi che agitavano l’Ottocento e la Russia in particolare: le idee sociali di Marx, ma anche le niciane lusinghe del superuomo, gli individuali tormenti esistenziali e il misticismo rinunciatario e messianico nel quale Dostoevskij tendeva a identificare l’essenza dello spirito russo.
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