L'Orestea fu messa in scena per la prima volta ad Atene in occasione delle “Grandi Dionisie” nel 458 a.C., anno di turbolenze politiche, storiche e sociali e violenti sconvolgimenti che riflettevano le tensioni tra oligarchi e democratici. Tra le ragioni del contrasto vi erano le riforme dell’alta corte dell'Areopago attuate da Efialte, leader del movimento democratico, e le scelte estremamente audaci come l’alleanza tra Atene e la città di Argo staccatasi dalla Lega Peloponnesiaca, che ponevano Atene in conflitto con le altre città della Grecia. L'influenza di questi eventi storici è costantemente presente nell'Orestea.
L'autore trae il materiale dal mito di Atreo e dalla terribile maledizione che grava sulla sua famiglia. Dopo dieci anni di guerra il palazzo di Micene si prepara ad accogliere il suo re, Agamennone, il generale trionfatore dei Greci. Il suo ritorno da Troia però coincide con la sua morte per mano della moglie Clitennestra. Nelle Coefore, il ritorno di Oreste porterà a Elettra la vendetta a lungo sperata. Il coro esulta per il riscatto della casa reale e Oreste, inseguito dalle Erinni, si prepara a fuggire a Delfi per cercare la protezione di Apollo. Le Eumenidi si basano sulla narrazione creativa dei miti di culto attici, sulla fuga di Oreste ad Atene e il suo processo da parte degli dei dell’Olimpo. La trama è arricchita dall'istituzione del tribunale dell’Areopago da parte di Atena che conduce alla fine della maledizione. L'equilibrio e la riconciliazione pongono fine al ciclo di sangue e vendetta.
È un'opera di sorprendente maturità, estetica impeccabile, profondità intellettuale e ricchezza di riflessioni filosofiche, che ha allargato i confini dell'arte e difeso con coraggio una costituzione democratica.