"Giovanni Falcone": non è fiction

"Giovanni Falcone": non è fiction

Non è fiction, inorridisco a vedere questa definizione accanto a un film come questo. Fiction è roba come "Commesse", "Il Bello delle Donne", "Carabinieri". Non la vita di Giovanni Falcone. Non è nemmeno un "film per la tv" (ma cos'è un film per la tv? io non l'ho mai capito). E' una mini-miniserie (2 puntate) che ricostruisce la storia di Giovanni Falcone, il giudice antimafia ucciso a Capaci, nel 1992. Per alcuni sembra ieri, per altri, ai tempi adolescenti come la sottoscritta, sembra passato chissà quanto tempo. Quattordici anni, per l'esattezza. Io, francamente, sapevo a malapena chi fosse questo Falcone. Un giudice, sì, uno che combatteva la mafia, uno che se ne andava in giro con la scorta e non poteva mai fare niente di normale, un bell'uomo coi baffi, che avevo visto ogni tanto al telegiornale abbinato alle parole "maxiprocesso" e "pool antimafia". Non gli davo troppo peso, sinceramente. Da adolescente, purtroppo o per fortuna, non ti dai tanta angoscia per la mafia, peraltro così lontana geograficamente che pare quasi ovattata nel concetto. Dopo quel giorno però, ho imparato a conoscere "questo Falcone". Ho pensato che se la mafia si prendeva la briga di far saltare l'autostrada col tritolo per farlo fuori, doveva essere uno importante. E che "questa mafia" doveva essere un'entità reale e complicatamente maledetta. Allora ho letto, mi sono documentata in biblioteca (niente Internet ai tempi) e ho scoperto che "questo Falcone" faceva un grandissimo lavoro, un lavoro per pochi. Ho letto che l'esplosione fu talmente violenta che lo spostamento d'aria venne addirittura registrato dai sismografi dell'Osservatorio geofisico di Monte Cammarata (Agrigento). Dove fossi, quel 23 maggio 1992, non me lo ricordo. Ma mi ricordo dov'ero 57 giorni dopo, quando hanno ucciso Paolo Borsellino: bevevo una granita sulla sedia a dondolo in soggiorno. Ricordo confusamente le parole di mio padre al telefono con mio zio "hanno ucciso Borsellino, l'amico di Falcone". L'amico di Falcone. E subito mi tornano in mente quei due uomini coi baffi, che vedevo al TG spesso insieme con le solite parole in sovraimpressione: "maxiprocesso" e "pool antimafia". Mi ricordo improvvisamente che avevo visto anche qualche foto nei libri della biblioteca. Mi è presa una fitta allo stomaco. Allora accendo la tv e vedo le immagini del palazzo di via d'Amelio, mezzo squarciato. Fumo ovunque in strada e sirene che martellano tutto intorno. Forse non è morto, penso. Che ne sanno che è morto, con tutto quel fumo? Magari è solo ferito, magari l'hanno salvato in qualche modo gli agenti della scorta. Non ero certo un'esperta di esplosivi, ma che ingenua! Comunque questo pensavo, mentre mi rendevo conto che a ogni modo, qualcuno era morto, meno famoso di lui ma non per questo meno importante. Gli agenti della scorta, come con Falcone. Come con Ninni Cassarà. Come con Rocco Chinnici. Come tanti altri. La miniserie ripercorre la storia di Falcone ma anche di tutti questi altri personaggi che ruotavano attorno a questa missione: sconfiggere la mafia. Sembra una frase da Cavaliere nella Scintillante Armatura, ma è realtà: Falcone ci è morto per questa missione. Gli altri ci sono morti. Dunque il Male vince sul Bene? Gli sono state dedicate strade, scuole e anche l'aeroporto. Ma basta dal riscattarli dalla morte o a indorare la pillola a chi rimane? Ancora oggi molti giovani non sanno chi è Giovanni Falcone: basterebbe fare un sondaggio tra gli adolescenti e sarebbe peggio della Pupa e il Secchione. E non è che non debbano saperlo e non gli vada spiegato perchè "vabbè, è morto quattordici anni fa...". La storia non è solo in bianco e nero: Falcone era già storia mentre era ancora in vita. Il merito di questa miniserie è che fa sapere chi era "questo Falcone", cosa faceva per vivere. O per morire. I due registi, Andrea e Antonio Frazzi, seguono passo passo la vita del magistrato, dall'inizio della carriera al funerale. Uno straordinario e completo Giovanni Falcone: una menzione d'onore all'altrettanto straordinario Massimo Dapporto che del giudice riproduce gestualità, somiglianza fisica, accento e anche i sorrisi. Un delicato Emilio Solfrizzi nei panni di Paolo Borsellino, anch'egli ben riuscito, mentre meno centrata la scelta di Elena Sofia Ricci nei panni di Francesca Morvillo, devota moglie di Falcone: brava e intensa come sempre ma, per quanto si sforzi di sembrare siciliana, l'accento toscano le esce da tutte le parti e il risultato è quindi poco credibile. Il film è liberamente ispirato al libro “Storia di Giovanni Falcone” di Francesco La Licata, ed è sceneggiato da Pietro Calderoni e Gualtiero Rosella, che invertono qualche particolare senza però trascendere (l'agente Antonio Montinaro non era in macchina con Falcone, ma era nell'auto che precedeva: in auto con Falcone c'era l'autista Costanza, che si salvò poichè sul sedile posteriore). A completare il tutto, le struggenti musiche di Maestro Ennio Morricone e le immagini finali del vero funerale di Falcone, della moglie e gli agenti, con l'indimenticata Rosaria Schifani (vedova di un agente) che in lacrime accusa gli assassini. Un film da vedere: per capire, ricordare e imparare che i veri eroi sono quelli come Falcone, che hanno speso la propria vita per un progetto, vivendo sempre sotto scorta, sapendo in ogni momento di essere "un morto che cammina", eppure mantenendo sempre quegli ideali di integrità morale e coraggio che l'hanno reso comunque immortale, al di là di targhe e strade intitolate. Stasera e domani ancora su RaiSat extra, canale Sky. Per saperne di più: Luca Rossi, I disarmati: Falcone, Cassarà e gli altri, Mondadori, 1992 Marcelle Padovani e Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra, Rizzoli, Milano 1991 Fondazione Giovanni Falcone, Giovanni Falcone: interventi e proposte (1982 – 1992) a cura di F. Patroni Griffi, Sansoni, 1994