L’hanno definita la nuova icona del cinema italiano: garantisce il New York Times. Di certo è stata l’attrice dell’anno, capace di stregare il pubblico di latitudini diverse. Ma il bello per Maya Sansa (nella foto) deve ancora venire: intanto a febbraio debutterà in teatro.
Sarà Lorena, protagonista femminile de 'Il lettore a ore', testo e regia di José Sanchis Sinisterra, che andrà in scena al Fabbricone di Prato in prima nazionale, produzione Metastasio, dal 7 al 14. Un testo complesso che sembra tagliato sulle profondità e sulle capacità introspettive di cui l’attrice italo-iraniana ha già dato molte, riuscitissime prove.
Maya Sansa, siamo al debutto assoluto in teatro?
«Tecnicamente sì. La mia esperienza teatrale risale al periodo della Guildhall School of music and drama di Londra. Preparavamo sei spettacoli l’anno e non solo Shakespeare, ma anche Pinter, Bernard Shaw, Ayckbourn».
Un bagaglio tecnico di tutto rispetto: ma quando era nata la voglia di recitare?
«Ai tempi del liceo classico, quando ho avuto il prof di latino e greco appassionato di Shakespeare e Beckett. Poi è arrivato il laboratorio di Cristiano Censi e Isabella del Bianco al Teatro dei Cocci. E determinante è stato l’incontro con Alessandro Fabrizi».
E adesso ritorna al teatro.
«Perché la proposta è arrivata al momento giusto, in questo mestiere è così. La scorsa estate Fabrizi mi ha proposto di partecipare a un un lavoro sulla respirazione rapportata al testo, su come vivere le parole fisicamente. Era un’idea che gli era venuta vedendo tante scuole e scuolette televisive che dicono di preparare alla recitazione...».
E cosa ne è venuto fuori?
«Ha filmato 10-12 ore su 24 dello svolgersi di questo progetto, elaborato sulla base delle Metamorfosi di Ovidio, in più lingue. Ecco lì, a Stromboli, mi è venuta la voglia di fare teatro e proprio allora mi è arrivata la proposta di Sinisterra».
Che è autore oltre che regista di Il lettore a ore: come è il vostro rapporto?
«E’ una persona speciale. Il testo intanto è bellissimo. E lui dà tanta libertà di interpretazione. Mi è capitato suggerire un tono o una sfumartura e di vederlo illuminare in volto: "Non ci avevo pensato, sì facciamolo così", dice».
Andrete in scena al Fabbricone, spazio significativo per il teatro italiano.
«Non nascondo che è stato fondamentale sapere di andare in scena in un teatro così, a contatto con un pubblico vero. E’ una garanzia essere lontani da pressioni che non c’entrano niente con il lavoro. Possiamo stare concentrati. Poi c’è questa grande armonia con gli altri interpreti Gianluigi Tosto e Adriano Iurissevich, ma anche con la costumista Valeria Comandini, l’artefice delle luci Roberto Innocenti, il creatore delle musiche Alessandro Magini e lo scenografo José Manuel Castanheira».
Come si concilia il cinema con il teatro per un attore?
«Rinunciando a malincuore a dei progetti. Se ti propongono un film, sai che è un’occasione unica. Con il teatro sei portato a pensare che ti si ripresenterà. E poi c’è il peso degli inevitabili fattori economici».
La meglio gioventù ha mietuto successi anche negli Usa: c’è una speranza che inizino rapporti diversi con il cinema d’oltreoceano per gli attori italiani?
«Quel film è toccante, è piaciuto ovunque. Ma per noi italiani è difficile negli Stati Uniti. E’ difficile perfino far capire loro che possiamo recitare in inglese...».
Quale film dobbiamo aspettarci da Maya Sansa prossimamente?
«Ho girato con Giacomo Martelli, un esordiente, The listening. Il protagonista maschile è Michael Parks, che è bravissimo. E’ una spy story che mi ha incuriosito».
Quando uscirà?
«A marzo, ma come sempre quando si tratta di registi esordienti occorre tenere le dita incrociate».
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