Il giovane vincitore del premio Ubu 2004 porta in scena in prima nazionale il suo ultimo spettacolo. "Uso il teatro per dire la verità e fare uscire le mie tigri emozionali".
Una faccia da assassino. Ma anche da modello di ‘Vogue’. E poi da pazzo, da Simon le Bon dei poveri, da handicappato, da barbone, da ragazzo normale della parrocchietta, da depravato.
Sono i mille "volti scenografici" di Filippo Timi nell’autoritratto teatrale ‘La vita bestia’, in prima nazionale al Teatro India di Roma fino al 27 novembre (repliche tra il 9 e il 18 dicembre a Napoli e a gennaio a Torino). Uno spettacolo applauditissimo, in cui il giovane vincitore del premio Ubu 2004 come migliore attore under 30, nato trentuno anni fa in Umbria a Ponte San Giovanni (Pg), si racconta. Da solo, per dare voce e corpo ad una storia impastata di ricordi e di musica, portata in scena con straordinaria energia e grande talento. Ma quanto coraggio ci vuole per denudarsi davanti al pubblico? Per iniziare uno spettacolo in mutande e canottiera parlando della cugina Daniela, della famiglia (“fonte di un amore sofferente”), di Sonia, primo amore sbocciato e appassito perché a volte certi gesti rimangono bloccati non si sa dove, di quando era grasso e deforme? “Ci vuole coraggio a porsi domande serie e vere - specifica l'attore ad Ign, testata online del Gruppo Adnkronos -. Io uso il teatro per essere vero, per dire la verità. E per far uscire le mie tigri emozionali. Nella vita è più difficile, ma se succede allora ci si innamora”.
E nello spettacolo, che corre tutto d'un fiato sospeso tra il riso e il pianto, l'amore si respira. Amore come luogo dell'intimità ma anche come trasporto, pulsione primordiale, eros. “La gente oggi ha paura di amare. In giro non ci sono più esseri erotici. Non vedo più uomini che amano veramente le donne, e non vedo più donne che amano veramente se stesse”, racconta incespicando ogni tanto in una balbuzie contro la quale non combatte perché, “come diceva Deleuze, la verità non può essere detta ma solo sussurrata o balbettata”. E lui, Filippo? “Sono una bestia erotica e sessuale, ma a teatro, perché poi nella vita...”. Nella vita, però, l'attore Timi la verità sembra dirla e farla comunque. Quando si è fatto aiutare da Sharon Stone per mangiare un'ostrica con le mani a Venezia, quando ha detto "ti amo" a Valentina Cervi la sera stessa in cui l'ha vista ad una festa, e quando si è fatto cacciare dall'università. Ma quella "me l'ero proprio cercata: mi sono presentato all’esame di filosofia con il rimmel blu elettrico. Per Socrate questo era il colore propiziatorio dei simposi. Loro mi hanno contestato, ma io rispondevo con la tecnica socratica: l’università, o mio Alcibiade, non è forse il tempio dell’anima?”
Così, niente università, e neanche accademia d'arte drammatica, sostituita da un lavoro quotidiano di otto ore di studio personale, che è poi anche quello “amore”: ogni giorno filosofia (“impensabile fare teatro senza una base filosofica”), matematica, il confronto costante con ‘Amleto’, e una continua ricerca su se stesso. Senza dimenticare un percorso che è anche spirituale: "Studio teologia, amo i vangeli, la Bibbia, le leggende su Cristo e la Maddalena, i mistici, i russi. Però non so quanto Dio sia fuori o dentro di me". Santi protettori? "Affettivamente sono legato a San Francesco, ma in realtà io vorrei fare miracoli come Gesù Cristo". I miti di riferimento? Pasolini e Cocteau. Oltre a fare l’attore a teatro e al cinema, infatti, Timi scrive: poesia, sceneggiature (per quattro film, tra cui 'Rosatigre' e 'Farelavita', premio 'Nuovi Territori' alla Biennale di Venezia 2001), e adesso un libro a quattro mani con Edoardo Albinati, che uscirà il prossimo febbraio con l’editore Fandango.
In futuro gli piacerebbe anche fare Tv, “per entrare dentro alle case della gente”, ma il teatro rimane il luogo privilegiato di azione creativa perché "è vita, ed è l’unica forma d’arte a tu per tu”. In questo percorso, fondamentale è stato l’incontro, a poco più di 20 anni, con Giorgio Barberio Corsetti, che ha anche curato la regia della ‘Vita bestia’. Spettacolo, a dispetto del titolo, umanissimo. "La bestia è un'immagine che avevo in testa - racconta l'attore - e che mi ossessionava: sentivo un mostro che mi azzannava al collo. Quel mostro per me è la vita, e non si capisce se la vittima siamo noi o lei. Siamo noi i parassiti o lei? Ecco perché cerco di morderla questa vita; per riappopriarmene, e, attraverso questo spettacolo, trasformare questo morso prima in un ghigno e poi in un sorriso".
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