Prosa
DON GIOVANNI

Un uomo oltre il mito

Don Giovanni
Don Giovanni © Donato Aquaro

La brutalità di un farabutto, l’infantile incoscienza di un libertino in contrasto con la morale cattolica, il cicisbeo divenuto un mito consegnato alla tradizione letteraria europea dal Seicento fino ai giorni nostri: il ”Don Giovanni” di Molière, messo in scena da Valerio Binasco, sembra volersi scrollare di dosso quell’aura mitica tramandata nei secoli, ignorando in primo luogo il tradizionale physique du rôle dell’affascinante seduttore.

Gianluca Gobbi, infatti, è un Don Giovanni sprezzante e genuino, che si avvicina piuttosto a un Falstaff contemporaneo: un cinico e spavaldo delinquente, un predatore di anime, che ammalia con le parole, le quali diventano il simbolo dell’incostanza dei sentimenti umani. Le sue numerose vittime, infatti, non danno immediato credito ai suoi modi, ma vengono sedotte dal racconto di un illusione.

Un’atmosfera decadente

Lo spettacolo mantiene la struttura originaria della commedia in cinque atti, separati da un solo intervallo e con cambi scena a vista, scanditi dall’utilizzo di un sipario interno.
Con uno sguardo cinematografico, stilisticamente riconducibile al linguaggio del road-movie, la prima parte dello spettacolo mostra il lato pubblico e impenitente di Don Giovanni; mentre la seconda si sofferma a scandagliare i risvolti privati della discesa agli inferi di un uomo che rinuncia – più o meno consapevolmente, mosso dalla paura della morte – a contemplare una possibilità di redenzione per la sua vita dissoluta e blasfema.


Don Giovanni - ph. Donato Aquaro


Le scene di Guido Fiorato descrivono con accuratezza ambienti sontuosi, con i protagonisti che agiscono in un’atmosfera intrinsecamente decadente; per gran parte dello spettacolo, inoltre, campeggia sul fondale un’enorme luna piena, quasi a voler illuminare le tappe già segnate di una inevitabile Via Crucis.

Il senso di Dio, tra ribellione e redenzione

Nel percorso di (mancata) redenzione di Don Giovanni è fondamentale il rapporto con Sganarello, il suo servitore, interpretato dall’irriverente Sergio Romano: egli è spesso l’unico spettatore del suo padrone, lo asseconda, pur non condividendone la condotta, ed è anche colui che mette in guardia i bersagli prediletti di Don Giovanni (le donne), quali riferimento del ruolo della famiglia nella società.
Altra figura centrale nel testo di Molière è Donna Elvira (Giordana Faggiano): sarà lei a ispirargli un barlume di pentimento – tenendolo dunque in pugno – quando deciderà di dedicare la propria vita a Dio per placare i propositi di vendetta dei suoi fratelli.

Oltre ai ruoli principali, nel Don Giovanni risultano essenziali i numerosi personaggi secondari: la ribellione contro Dio – associabile al pessimo rapporto con il padre - passa anche attraverso l’istigazione alla bestemmia da parte del protagonista ai danni di un povero (Nicola Pannelli), che si dimostra però moralmente incorruttibile; fino al tragico confronto finale con la statua del Commendatore (Fabrizio Contri), il Convitato di pietra, che accoglie l’antieroe in un misericordioso abbraccio di morte, al quale lo sfrontato Don Giovanni non si sottrae.

Visto il 07-04-2018
al Carignano di Torino (TO)