E’ un teatro decisamente al completo quello che accoglie all’Archivolto l’ultimo lavoro di Emma Dante, presentato in anteprima nazionale al Teatro Festival di Napoli poco più di un anno fa e da allora in tournée in tutta Italia.Emma Dante è certamente una regista e drammaturga che il pubblico italiano ma anche internazionale, ha imparato a conoscere; conosciamo il suo modo di far teatro, le sue dinamiche, le sue scelte registiche, il linguaggio ancestrale e a tratti incomprensibile dei suoi testi, il suo marchio di fabbrica insomma. Eppure, ogni volta, di fronte ai suoi spettacoli, lo spettatore non ha mai l’impressione di un déjà vu e questo dipende dal fatto che Emma Dante, pur restando fedele al suo stile e alla sua impronta registica è capace ogni volta di proporre qualcosa di nuovo senza annoiarci. Nel caso di Anastasia, Genoveffa e Cenerentola questo paradigma vale ancora di più proprio perché ci troviamo di fronte ad un genere, il teatro per ragazzi, che la regista palermitana affronta per la prima volta e lo fa a suo modo, dando alla fiaba un taglio assolutamente originale e interessante.
La trama della storia rispetta sostanzialmente l’intreccio della nota fiaba di Perrault rinunciando però, ed è questa la novità, alle atmosfere tipicamente romantiche e sognanti delle fiabe per bambini. Sin dall’inizio è abbastanza evidente il netto contrasto tra l’ambiente esterno e quello interno alla casa in cui vive, facendo la sguattera, Cenerentola.
Ed ecco che allora, in una scenografia ridotta all’essenziale, matrigna e sorellastre esprimersi ora in un dialetto stretto e ricco di espressioni colorite all’interno delle mura domestiche, ora in un italiano ipocritamente forbito e infarcito di espressioni francesi allorché hanno a che fare con persone dell’alta società. L’unica che resta se stessa dall’inizio alla fine, confermando la sua onestà e trasparenza d’animo, è la povera Cenerentola che mantiene un eloquio chiaro e costante sia in casa che al cospetto del Principe Azzurro.
La favola, come sottolinea la regista, ha due morali: bisogna rimanere se stessi in ogni circostanza, senza vergognarsi delle proprie radici e al tempo stesso occorre che i cattivi non diventino degli eroi né tanto meno che restino impuniti.
Una messinscena originale, una rivisitazione in chiave comico-grottesca della nota fiaba disneyana, un cast affiatato e preparato, strepitosa Italia Carroccio nei panni della divertente matrigna, le due sorellastre (Valentina Chiribella e Gisella Vitrano) abili trasformiste nei panni della fata Smemorina e di Cenerentola, capaci di gestire perfettamente il repentino cambio d’abiti e di ruoli. Infine l’unico interprete maschile, il bravo Davide Celona, nei panni del malinconico e appassionato principe, che diverte il pubblico con le sue performances canore (spassosa l’interpretazione dell’innamorato abbandonato sulle note della struggente “Perdere l’amore” di Ranieri), e interagisce abilmente con i più piccoli. Uno spettacolo divertente per adulti e piccini, come recita il sottotitolo, in cui assistiamo alla completa smitizzazione della storica fiaba, contaminata da uno stile dissacrante, da una recitazione fisica e da scelte musicali che vanno da Tenco a Bjork, passando per Ranieri e Michael Jackson.