Chi è, o meglio cosa è, un “angelo della gravità” ? E' un angelo terreno, forse decaduto, costretto e legato alla terra dalle proprie passioni e comunque desideroso di levarsi in cielo, al fianco di quel Dio che - ognuno a modo proprio - desideriamo possa esistere. Immerso in una scenografia di candidi palloni che potrebbero essere di tutto, dai prodromi di un paradiso desiderato ad una "morbida" cella di autosegregazione fisica fino alle placche di un' arteria in via di collasso per troppo cibo, “l' angelo della gravità” racconta la sua storia. E la storia che racconta – e che non è troppo diversa da quelle storie che, se solo le si volessero notare, a volte ci circondano – è quella di una famiglia che si dice tale solo per definizione ma non più per sostanza, di una vita sociale scolastica difficile e marchiata a fuoco dalla propria stazza, di una concezione deviata dell' amore terreno e blasfema dell' amore divino. E' proprio da qui, da questa devianza, che il ragazzo giustifica le sue azioni, anche le più estreme. L'amore di Dio è materiale, è cibo da trangugiare, è sperma da far ingurgitare a chi dovrebbe amarti per la vita e simbolo di amore per tutta la vita. E quale è il posto dove il “materiale” è dio e il consumismo è il suo apostolo prediletto ? Quale è il paradiso in terra nel quale più consumi, più ingrassi e più sei simile agli altri, per questo finalmente salvo da cattiverie e prese in giro ? Ma l' America ! (solo ?).
Ed è li che il protagonista va, è lì dove può abbuffarsi cercando il proprio dio, auto-giustificandosi e, finalmente, fregandosene di chi lo voleva magro e a dieta. E lì, in nome di un amore non corrisposto (leggasi atto sessuale respinto) compie il delitto che lo porterà in cella ed alla forca, mai veramente del tutto colpevole nel suo candore, nella sua ricerca di un amore perfetto, desiderato e mai completamente avuto.
Il testo di Massimo Sgorbani, basato su un reale, grottesco, fatto di cronaca e già vincitore del Premio Speciale della Giuria al Premio Riccione Teatro nel 2001, è tagliente ed emotivamente non lascia scampo, teso come è fra le crudezze carnali terrene e le levità di una ricerca che, seppur deviata, nasce pura e tale continua a credersi fino alla fine. La regia di Domenico Ammendola – direttore artistico della compagnia NoveTeatro, qui al teatro Oscar per la prima volta a Milano - è perfettamente calibrata nel suo equilibrare i suggestivi elementi scenici. Le luci, i suoni, il controllo sulle esplosioni di violenza verbale e fisica ed, alla fine, persino la scenografia stessa che arriva a fagocitare il pubblico diventano un unico elemento con la presenza (attorialmente) debordante e bipolare di Leonardo Lidi, la cui sensibilità e perfezione nel tracciare un' anima candida e perduta è a tratti insostenibile nella sua plausibile evocazione del reale.
Prosa
ANGELO DELLA GRAVITà (UN'ERESIA)
Un angelo tra cielo e terra.
Visto il
22-01-2014
al
deSidera Teatro Oscar
di Milano
(MI)