Al centro del palco un ragazzino vestito da calcio: così la scena si apre sul bestiario di Angelo Colosimo, in scena al teatro delle Moline fino al 31 gennaio.
Suo, del bambino, è il punto di vista principale: attraverso il suo racconto si dipana una vicenda corale, complessa e ben scritta, che affonda in una dimensione da tragedia abilmente stemperata e tradotta in termini quasi favolistici anche grazie all’uso del dialetto, oltre che dal piglio infantile della voce narrante.
La scelta scenografica – e a monte registica - è, anche in termini pratici, particolarmente ingegnosa. In scena pochi oggetti: lo spazio scenico è definito solo grazie alle luci, che tracciano cerchi di uguale misura sul legno del palco. Il disegno luci di Nicola Caccetta quindi riempie e definisce lo spazio in modo chiaro ma non prevedibile. Il cerchio come figura si ripete nel movimento circolare dell’attore, e trova mille rifrazioni possibili nell’interpretazione di chi guarda; il che, ci dice che la scelta registica di utilizzare come cifra un simbolo semplice come la forma circolare (il corridoio) sia una scelta giusta, utile, che si sposa particolarmente bene con la dimensione più concreta e corposa della storia e con la fisicità dell’interpretazione. Insomma: sia che ne afferri la simbologia di partenza (il dromos, appunto) sia che non la si afferri immediatamente, la scelta si rivela funzionale e di valore.
Si ride: si ride molto durante la bella e difficile interpretazione di Angelo Colosimo, che regge il palco da solo durante tutta la durata della pièce, gestisce anticipazioni e rimandi, districandosi fra narrazione, immedesimazione, grammelot, mostrando senza calcare la mano personaggi entrati nella mitologia del paese, con leggerezza e generosità.
E’ così che la storia si amplia, tocca temi che vanno oltre i limiti del paese del sud: per esempio la pedofilia – il parroco del paese è, in realtà, il motore primo della vicenda. E, ancora più risalendo, la collettività come potere giudicante, che nella sua degenerazione più pericolosa diventa schiacciante crudeltà della massa.