Prosa
CHI è L'ULTIMA?

Esiste un teatro che non va r…

Esiste un teatro che non va r…
Esiste un teatro che non va recensito, ma visto soltanto. Non perchè sia brutto o non giudicabile, ma perchè il contenuto va ben oltre lo spettacolo. E' il caso dello spettacolo "Chi è l'ultima?" andato in scena ieri sera al Gobetti di Torino. Sul palco tre donne, nella sala d'attesa di una dottoressa in perenne ritardo. Quattro sgabelli e uno schermo. Nulla di più. Idia, Asha, Maria Luisa: tre donne, tre origini, tre corpi. Niente che in apparenza le accomuni. Idia è solare, arriva dalla Nigeria, canticchia e balla seduta sulla sedia dell'ambulatorio; Maria Luisa, tailleur e tacchi a spillo, una ventiquattr'ore che non lascia neanche quando dorme e una fisima dopo l'altro (il seno, l'altezza, le gambe) non smette un attimo di parlare di sè, dei suoi rimedi olistici e della figlia che fortunatamente ha preso dal padre e non ha le sue cosce. Poi c'è Asha, somala, taciturna e riservata, seduta in un angolo a leggere una rivista. Il luogo e i motivi per cui sono lì in quel momento le spingono a riflettere su di sé. Iniziano a parlare dei segni indelebili sul loro corpo: Idia non sopporta più quelle cicatrici che ha sul viso, residuo di antiche tradizioni, segno inconfutabile delle sue origini Edo. "Sono africana e basta - racconta la donna - non voglio andare in giro e trovare persone che mi additano dicendomi ah ma tu sei edo!" Attraverso un'alternanza di momenti leggeri e pugni allo stomaco, lo spettacolo mette in ridicolo quella radicata convinzione europea, che ci vuole al di sopra di tutto e di tutti, fieri e ciechi di pensare che certe barbarie siano solo del "terzo mondo". Quando si pensa alle mutilazioni genitali femminili, si è convinti che sia solo una "cosa africana", che noi gente civile queste cose non le facciamo: ma purtroppo basta tornare indietro di una quarantina d'anni e anche meno, a quando le donne chiuse nei nostri manicomi venivano mutilate per non avere pulsioni sessuali. Ma la stessa chirurgia estetica c'è da chiedersi non è una forma di violenza? Nascondendosi dietro la frase " bè ma se sta meglio, se è più accettata, perchè non farlo, è poi solo un naso, un seno..." Ma poi per chi? Per adeguarsi a quale canone? C'è tanta differenza da quelle donne che si allungano e deformano i lobi dell'orecchio? Storie reali, raccontate tra sogno e ricordo, che sottolineano le contraddizioni che sovente vengono in luce quando le parole sono di donne che hanno subito queste pratiche. Se da un lato vi è dolore profondo e umiliazione, dall'altro c’è l'orgoglio, giustificazione e il pensiero affettuoso e rispettoso alle donne della famiglia: madri, nonne che tramandano e sostengono le mutilazioni genitali femminili  per il “bene” delle ragazze, vittime loro stesse di forti condizionamenti sociali. "La ragazza ha nove anni, che dirà la gente, se rimarrà ancora aperta....- ricorda Asha dei discorsi di sua nonna a suo padre a proposito dell'infibulazione - se non lo fai in fretta me ne prenderò la responsabilità. Non si può lasciarla così. Come troverà marito?" Allora non importa se un'attrice per l'emozione si dimentica la battuta, se la dizione non è perfetta, perchè quello che questo spettacolo trasmette è ben altro e si fa una domanda: ma chi è l'ultima? Prima o poi ci sarà davvero un'ultima donna a essere violata? Si potrà dire definitivamente è lei l'ultima? Torino, 21 ottobre 2008 - Teatro Gobetti
Visto il
al Gobetti di Torino (TO)