Genova, teatro Carlo Felice, “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart
QUESTA VOLTA NON PER CASO
“Così fan tutte” è la prima opera che ho visto nella mia vita, completamente per caso, a Salisburgo, dove ero di passaggio con un’amica carissima, di ritorno da un tumultuoso viaggio in treno nell’allora Germania Est. E la notte, in ostello, non riuscii a dormire. Le stesse sensazioni che poi avrei provato da adulto innamorandomi di una persona le provai quella sera a teatro e poi anche la notte, mentre ripensavo a quanto appena vissuto. Un senso di felicità inattesa, il felice compimento di un percorso, l’appagamento, quello vero, quello totale. Quando non hai bisogno di niente altro per essere felice.
Va da sé che “Così fan tutte” occupa un posto fondamentale nella mia vita, perché il mio amore per l’opera dura a tutt’oggi e non accenna a placarsi, anzi, con il passare degli anni diventa sempre più forte e abbisognoso di continui spettacoli per essere appagato. Quel “Così fan tutte” è dunque un punto di svolta nella mia vita, perché la divide in prima e dopo. Tanto che non ho mai più avuto il coraggio di vederla di nuovo rappresentata, temendo il risvegliarsi di gioie troppo forti, oppure al contrario temendo forse di più la delusione, per avere ingigantito tutto nella mia mente. Oppure, più verosimilmente, perché avevo assistito ad un allestimento già all’epoca famosissimo, di altissimo livello, con un cast stellare, irripetibile: Margaret Marshall - Fiordiligi, Ann Murray - Dorabella, Thomas Hampson - Guglielmo, Deon van der Welt - Ferrando, Adelina Scarabelli - Despina, Alessandro Corbelli - Don Alfonso, orchestra Wiener Philarmoniker diretta da Riccardo Muti, regia Michael Hampe, scene e costumi Mauro Pagano.
Fino a quando ho reputato fosse giunto il momento di vederla di nuovo, proprio lo stesso allestimento, dopo oltre quindici anni. A Genova. E questa volta non per caso.
Assistere all’esecuzione di Così fan tutte è sempre vivere un momento di perfetto equilibrio, di armonia. Assistervi la sera dopo Nozze di Figaro è perfetto, per la decisa progressione che segna le due opere e la filosofia sottile che lega l’una all’altra. Infatti Così fan tutte non è teatrale come Nozze di Figaro né romantica come Don Giovanni ed è molto vicina alla sensibilità di oggi. L’azione è pressoché assente, salvo una sorta di azione interiore che si trasforma in una interrogazione sulla realtà dell’umano, della sua capacità di amare. Capolavoro di ironia bruciante, questa commedia degli errori è perfettamente bilanciata tra la fantasia e la verità dell’umanità reale. Quando l’opera comincia la scena è già cominciata; poi i ragazzi si trovano a corteggiare uno la fidanzata dell’altro e nel finale nulla ci mostra chi sta con chi. E alla fine la risposta sulla capacità di amare degli uomini non c’è. Rimangono però la saggezza popolare di Despina e il manovrare destini di Don Alfonso.
Le scene di Mauro Pagano sono semplicemente splendide, panoramiche, ariose, eleganti, mostrano la casa delle ragazze affacciata sul golfo di Napoli ritratto in tutto il suo incanto. All’architettura neoclassica si accompagnano le piastrelle maiolicate. Rispetto a Salisburgo si vedono di meno gli alberi ai lati della terrazza, ma l’effetto è sempre stupefacente. La calda luminosità dell’aria mediterranea non può lasciare indifferenti, impossibile non esserne coinvolti fino all’anima. Si respira l’odore del mare, si sente il calore del sole. Si vive come in un sogno. Fino alla fine, quando tutta la scena scompare e rimangono i personaggi su fondo nero e luce bianchissima. Uno spazio immenso per sognare.
Splendidi anche i costumi, dalle popolane vestite dei colori del cielo e del mare ai bianchi delle sorelle al cremisi degli stranieri, come la vela della loro barca che passa all’orizzonte. Azzeccatissime le luci di Hans Toelstede, soprattutto quando pian piano si va verso la notte ed il rosso del cielo si stinge nell’azzurro, mentre il mare diviene più cupo.
La regia di Michael Hampe è filologica eppure personalissima, piena di spunti strepitosi e di idee divertentissime, con perfetta padronanza dei tempi scenici e dei gesti teatrali, soprattutto nel muovere Fiordiligi e Dorabella nella assoluta intercambiabilità delle due (gli uomini sono un basso e un tenore, invece le donne sono due soprani), nel disegnare Don Alfonso un po’ come Prospero nella Tempesta, colui che scatena la vicenda, colui che muove i destini dei protagonisti, colui che chiude il sipario celeste a ogni cambio di scena. Meritatamente è una delle più celebri mai realizzate.
Christopher Franklin ha diretto con piglio deciso ed attenzione alle sfumature l’orchestra del Carlo Felice.
Nel cast hanno spiccato la Fiordiligi di Annalisa Raspagliosi (voce piena e rotonda, ottimi registri curati e bilanciati), il Guglielmo di Nicola Ulivieri (voce matura, canto esteso al punto da affrontare con sicurezza ogni aspetto della tessitura arrivando a risultati eccellenti, ottima presenza scenica, mimica appropriata) e la Dorabella di Nino Surguladze, la quale, chiamata a sostituire all’ultimo minuto Annely Peebo, ha fatto un lavoro eccellente: tutti i duetti delle sorelle sono perfetti, a cominciare da “Soave sia il vento, tranquilla sia l’onda” a tutti gli altri, un raro esempio del perfetto controllo di voci bellissime e della capacità di armonia nel canto a due. Non di pari livello per esecuzione e colore di voce il Ferrando di Werner Gura. Espertissimi Alfonso Antoniozzi e Daniela Mazzuccato nell’affrontare Don Alfonso e Despina con ottimi risultati (divertente la Mazzuccato nei travestimenti, in particolare del notaio).
E così ho rivisto Così fan tutte, quel Così fan tutte con cui sono stato iniziato all’opera. Ero emozionato solo per la decisione di rivederla, mi sono chiesto se era davvero il momento giusto. Il risultato? Appagamento, soddisfazione, quando non ti manca niente per essere felice. Ma nel caso in cui l’impatto fosse stato negativo, a Genova avevo i miei amici a sostenermi. Anche se in quel momento, seduto serenamente in una poltrona del Carlo Felice, ancora non sapevo che ben più forte sostegno mi sarebbe servito nei giorni successivi. Ma questa è un’altra storia.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 12 novembre 2005
piesse: solo il Carlo Felice, con i suoi quattro palcoscenici rotanti, poteva mettere in scena in tre giorni consecutivi la trilogia Mozart – Da Ponte, un’occasione unica ed irripetibile per celebrare i 250 anni della nascita del salisburghese, assistendo alla messa in scena delle opere una dopo l’altra. La coraggiosa scommessa è più che vinta, non solo al botteghino. Gli allestimenti sono splendidi, da quello classico di Così fan tutte a quello contemporaneo eppure tradizionale di Nozze di Figaro a quello contemporaneo ma rivoluzionario di Don Giovanni (rimando per ogni commento alle recensioni delle altre due opere, sempre su questo sito). Musicalmente è una festa e l’occasione di fare confronti. I cast ottimi. Mi ripeto: un’occasione unica. Epocale. Irripetibile.
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)