Prosa
CYRANO DE BERGERAC

Cyrano de Bergerac

Cyrano de Bergerac
Una storia di sentimenti, ma soprattutto di parole. Riproporre le vicende del Guascone di tutti i tempi nella sontuosa cornice del teatro Argentina, per Daniele Abbado e Massimo Popolizio ha voluto dire soprattutto una rilettura e un ripensamento dell’intera struttura scenica e dell’idea stessa di personaggio romantico. Lasciati da parte i segni e i simboli dell’epoca storica, come teatri, salotti, palazzi d’armi e campi d’assedio, i nostri hanno circondato il Personaggio di una corte povera, dalle nude pareti semicircolari, in cui prevale un’atmosfera austera e minimalista con luci irreali e fredde. Ci serviamo della scenografia per arrivare al cuore dell’idea di regia: Cyrano è un personaggio che vive di coraggio e di parole, non potendo vivere una vita vera di sentimenti e di rapporti umani. Tutto in lui, dalla passione amorosa alla domanda esistenziale sulla propria condizione di brutto e di rinnegato, si sublima nell’eloquio. Sulla scena spoglia si alternano i suoi amici e i suoi nemici, ma soprattutto la rincorsa all’ideale di una condizione migliore rappresentata da Rossana, che a sua volta cerca l’amore e chiede l’amore attraverso la bellezza idealizzata di Cristiano, a sua volta privo di identità e di completezza come Cyrano, per il motivo opposto, mancanza di eloquio. Il triangolo amoroso viene ricomposto in un (falso) idillio a due: Rossana e la sua superficialità, la sua incapacità di vedere e di sentire da una parte, Cristiano/Cirano e le due metà di un amante intero che non può esistere nella realtà. Se non uccidendo uno dei due, cosa che puntualmente si verificherà. Questo Cyrano conserva poco del melodramma tardo ottocentesco per rivestirsi di un soprabito più scuro e più ruvido, quello dell’idealista inquieto non lontano dai tempi nostri, dove l’amore cede il posto all’orgoglio e alla ricerca di verità. Tuttavia quest’uso intenso e intelligente della parola, del verso libero, contrappunto alle schermaglie amorose come pure alle sanguinose provocazioni, finisce per ledere proprio la credibilità e l’intensità stessa di un Cyrano che, sia pure servito puntualmente dall’estro e dalla presenza di Massimo Popolizio, di fatto non riesce a liberarsi da una certa freddezza e lontananza dalla proprie emozioni. Daniele Abbado mostra i suoi personaggi – una generosa ma non troppo spontanea Rossana; il bel Cristiano, credibile nella sua onestà; un De Guiche moderato e inusuale; e l’amico di sempre, Le Bret, con una convincente prova di Giovanni Battaglia – in uno schema preciso che però non inventa nulla di nuovo e li ingabbia in una recitazione abbastanza vuota, con qualche franco momento di noia, laddove sarebbe stato apprezzabile, disponendo dei mezzi adeguati, una riscrittura anche più coraggiosa e soprattutto più vera.
Visto il 07-10-2009
al Argentina di Roma (RM)