Papaleo è un piccolo impiegato. Sta seduto nell’anticamera del suo capo e gli tempera le matite, mentre al di là delle mura del ministero ferve la vita, sgargiante e irraggiungibile…
Diario di un pazzo di Gogol, così come quasi tutti gli scritti di questo classico della letteratura russa possiede una straordinaria particolarità: ogni qual volta li vedi rappresentati in scena, subito viene voglia di consultare l’originale per appurare se questo o l’altro aforisma sia stato scritto dall’autore stesso un secolo e mezzo prima oppure aggiunto dal regista, secondo il suo libero arbitrio. Non suonano forse attuali le espressioni: “rendite, rendite vogliono questi patrioti!” oppure “dicono che in Francia la maggior parte della popolazione ha già accolto la fede di Maometto”? Per questo, invece di rappresentare la cronistoria della pazzia di Aksentij Ivanovic Popriscin nella sua originale angolazione storica, Andrea Renzi ha voluto attribuirle un significato del tutto moderno.
Il Diario non è soltanto la triste storia di un amore timido e non corrisposto che porta alla follia. E’ uno spettacolo sul peso delle tentazioni che oggigiorno perseguitano l’uomo, dell’infinita fiera della vanità che lo circonda e lo costringe a un continuo confronto con gli altri. Nello spettacolo di Renzi lo straordinario Roberto De Francesco (Popriscin-Papaleo) esterna con ironia quel che accade nella società di oggi: un piccolo uomo, schiacciato dal suo stesso sogno sul mondo dei ricchi e potenti, viene posseduto dal senso di inferiorità e dalla smania di autoaffermazione e, alla fine, distrutto da un patologico complesso di superiorità.
Renzi colloca il suo personaggio negli anni ’50. Forse è un po’ troppo distante dalla vita di oggi per far sì che lo spettacolo venga non solo visto, ma anche vissuto in prima persona. Il posto di Papaleo è tra noi, nell’epoca in cui è scoppiata nuovamente la moda del diario. Ma, a differenza di quelli che una volta erano private e segrete annotazioni che rispecchiavano l’intricato e ricco mondo interiore dei loro proprietari, i diari di oggi – blog e social network in primis - sono diventati il mezzo di massa per esteriorizzare le proprie febbrili elucubrazioni e per comunicare con la realtà. Facile e immediato, e per alcuni, a quanto pare, l’unico. Non si prestano forse come prototipi del personaggio di Popriscin-Papaleo tutte quelle migliaia di emarginati che approdano in internet di sera, dopo una giornata “senza nessuna data” trascorsa in ufficio di un “ministero” qualsiasi, in mezzo ai grigi armadi-bare – l’unico elemento di scenografia presente sul palco – e postano senza fine, rigurgitando in rete tutti i loro infiniti complessi, fobie e frustrazioni? Non per incanalare forse i torbidi torrenti prodotti dai cervelli umani “portati dal vento che soffia dal mar Caspio” sono stati creati tutti quei forum? Leggeteli e, senza dubbio, vi accorgerete che il nostro mondo è pieno di Papalei!
Uno degli ultimi capitoli contiene una data: l’anno 2000. Probabilmente per Gogol questo traguardo sembrava immensamente lontano, come la Luna “sulla quale voleva posarsi la Terra”. Ma noi l’abbiamo ormai superato e, come al solito, non abbiamo nulla da raccontare a Gogol di quello che lui in realtà sapeva già…