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DIES IRAE 5 EPISODI INTORNO ALLA FINE DELLA SPECIE

DIES IRAE: evoluzione e fine della specie

DIES IRAE: evoluzione e fine della specie
Un gruppo di scienziati con tute e mascherine bianche che su un set artificiale studiano scientificamente ogni specie possibile di omicidio e di sevizie, con tanto di vernice rossa schizzata a misura (episodio I) ; uno studio radiofonico cui inviare sms che parlino di ‘what if’ alternativi ai maggiori avvenimenti storici dell’umanità (episodio II) ; istantanee prese l’una dopo l’altra in tempo reale di qualunque momento, stato d’animo, personaggio, cosa o possibilità avente luogo ‘lì e adesso’ (episodio III) ; vendita all’asta delle nuove sette meraviglie del mondo… o almeno di quello che ne rimane (episodio IV) ; polvere bianca, quattro figure che si appoggiano faticosamente a bastoni mentre lentamente svaniscono nell’oscurità (episodio V). Sessanta minuti, scanditi da un grande quadrante luminoso, racchiudono temporalmente questo universo di sperimentazione in cui narrazione, attualità, performance, teatro e danza coesistono più o meno armoniosamente. Dies Irae – 5 episodi intorno alla fine della specie (umana, naturalmente) è tra le produzioni più significative di Teatro Sotterraneo, uno dei gruppi di ricerca teatrale che fanno riferimento al circuito di Fies Factory. Significativamente la nota immagine dell’evoluzione umana ricorre spesso sulle magliette dei quattro “attuanti” protagonisti della performance, quasi a rivendicare un progetto che non si lega più soltanto alla narrazione e all’interpretazione di carattere teatrale, ma che è una vera e propria indagine a livello sociale ed antropologico. Non a caso il pubblico in sala viene coinvolto attivamente nei cinque episodi, dal potere decisionale di vita o di morte riguardo a un Hitler ancora in culla, alla possibilità di aggiudicarsi – cosa che avviene in diretta – per venti euro la Grande Muraglia e il Colosseo, anche se solo le loro polveri. Tutto è onomatopea, tutto è simbolo, ma al tempo stesso tutto si svolge in una dimensione di obiettività e di concretezza, che se per un verso sembra più consona a un reality o a un documentario di approfondimento, per l’altro acquista tridimensionalità per il suo svolgersi sopra e davanti a un palcoscenico, che ne aggiunge una nota di originalità, là dove il teatro cessa di essere luogo e tempo definito per aprirsi a un dialogo tra realtà e possibilità, tra indagine e narrazione. Grazie alla loro disinvoltura ed umiltà i quattro giovani interpreti si fanno strumenti di un modo ‘altro’ di fare teatro, strizzando l’occhio all’attualità, alle domande e ai dubbi esistenzialisti che vanno aumentando sempre di più di fronte all’incertezza dei tempi, e di cui si fanno colonna (sonora) portante le note e le parole profetiche dell’Hallelujah di Leonard Cohen.
Visto il 23-04-2010
al Palladium di Roma (RM)