Prosa
EDITING EDIPO

Le mille facce di Edipo

Le mille facce di Edipo
Lungo una strada che prende le mosse da una messinscena teatrale, ma che di fatto si iscrive in un percorso di arte e di musicoterapia, si incontra il mito di Edipo in fase di “editing”, ovvero come esteriorizzazione di un lavoro interiore, sostenuto dalla musica, che ognuno dei molti interpreti – o attuanti, secondo una non troppo azzardata assonanza grotoskiana – ha compiuto su se stesso. Per questo il regista e animatore del laboratorio, Gianluca Taddei, ha scelto, (come già in lavori precedenti incentrati su Ulisse o sulle tematiche d’amore in Shakespeare), un classico le cui tematiche universali meglio possono mettere in rilevanza il lavoro svolto, e le corde che esso è destinato a toccare. In questo moderno viaggio Edipo è accompagnato solo da Giocasta, sua madre e moglie, e dall’indovino Tiresia: spogliata del resto della corte tebana, l’azione ruota intorno a questi tre personaggi, interpretati ognuno da più attori, e accompagnati, invece che da scene e costumi, da un costante commento sonoro, fornito da svariati strumenti. Non vi è un vero copione, non vi è evoluzione dei personaggi o climax della storia con relativo scioglimento, in quanto tutto viene raccontato fin da subito da una voce narrante, che si somma alle diverse azioni impostate sul piccolo palco a scatola del teatro omonimo. Il mito di Edipo, con la sua maledizione legata al voler conoscere la verità e dunque la propria identità di figlio parricida e sposo della madre, coinvolge gli altri due personaggi a lui legati: Giocasta, l’incredula e condannata compagna e madre, e Tiresia, l’uomo cieco che vede e sa. Tutto questo viene però interiorizzato, a partire dalla parola stessa: il testo greco, a parte un evocativo coro iniziale, non viene mai declamato, ma piuttosto urlato, sussurrato, ridotto all’essenzialità stessa del linguaggio, dove ogni azione, ogni intenzione vengono fuori dal lavoro compiuto sul corpo inteso nella globalità della compagnia tutta che, simile a un’onda marina, si raccoglie e si disperde sulla scena in mille azioni diverse, in mille immagini speculari di tante Giocasta e tanti Edipo condannati a ripetere le stesse scene di passione, brutalità, tormento, ricerca spasmodica della verità e disperazione alla rivelazione della stessa. È in questa natura primitiva della messa in scena – peraltro scandita perfettamente da coreografie impeccabili che restituiscono con passione e precisione l’ineluttabilità della tragedia greca – che viene fuori il laboratorio lungo e accurato compiuto da questi attori-attuanti, giovani e meno giovani, che se non professionisti nel nome lo sono sicuramente nella passione e nella motivazione che li ha condotti con coraggio sul palcoscenico. Il pubblico viene circondato da suoni, grida ed intenzioni essenziali, rivelatrici del senso stesso dell’operazione: ricondurre il personaggio all’attore che vi sta dietro, riportare la storia inventata all’emozione personale che la sostiene, e che non appartiene più al testo, ma alla persona che la vive. Ecco dove le strade del teatro e dell’arte terapia si dividono, ma se il primo soggiace alla seconda che domina l’energia sul palcoscenico, privato da qualunque filtro interpretativo, è pur vero che è occorso il mito di Edipo, una delle più pure creazioni teatrali tragiche per poter scatenare questo potenziale. Gianluca Taddei (tra l’altro valente contrabbassista) ha investito in questo senso e il lavoro compiuto sì sul corpo e sull’anima dei suoi compagni di avventura, ma molto di più sull’alchimia che si crea solo sul palcoscenico, gli ha restituito tutto.
Visto il 09-01-2010
al TeatroInScatola di Roma (RM)