Poetica e deprimente l’aliena ed alienata quotidianità degli emigranti, tutta consumata sul crinale sghembo di una precarietà senza riscatto, quotidianità di stenti, di violenze e di amori che, inattesi, si sognano o si incontrano nei decomposti buffet della stazione o nei pressi di quei totem di plastica ed acciaio senza più vita e senza più futuro che sono le cabine telefoniche, archeologia penosa dell’altrieri, monumento disperato a un mondo che ha ormai cambiato pelle.
La cruda e malinconica pièce del drammaturgo polacco Slawomir Mrozek, egregiamente interpretata da Luigi Iacuzio e Marco Silani e diretta dalla calibratissima regia di Massimo Costabile, da un lato ci narra la storia della convivenza coatta e miseranda di due esistenze alla deriva nel caotico melting pot dei nostri tempi, dall’altro ci restituisce l’immagine squallida ed atroce di una condizione esistenziale ben precisa, quella dello straniero sradicato, braccato dal sistema e dalla fame, una condizione che, benché viva nei personaggi in scena, appartiene ad una sacca molto ampia di umanità dolente, ad un silenzioso ed impaurito popolo pestato e soffocato dalla Storia, un popolo nascosto che ci spia, con desiderio livoroso e affanno, dai sottoscala lerci della nostra arroganza metropolitana, cercando una sorta d’uguaglianza lì dove mai potremmo immaginarlo, ad esempio nell’evacuatrice promiscuità di un orinatoio, nella spudorata espressionistica autenticità del pisciatoio.
Così, se nel testo di Mrozek non vi è alcuna dichiarata condanna dell’iniqua e ripugnante logica economica e politica di cui siamo tutti, noi ricchi occidentali, in qualche modo complici, la rappresentazione mimetica e quasi fotografica delle dinamiche di esclusione ed emarginazione sociale colpiscono la sensibilità di quanti, davanti ad uomini ridotti alla stregua di gonococchi e protozoi relegati in maleodoranti sentine umide e senza più speranza, non possono trattenere la vergogna e poi augurarsi che l’emigrante rinsavisca, si scuota finalmente dal sonno bovino e dal dolore, comprenda la forza di cui può farsi autore e opponga il suo pugno al nostro indifendibile e prepotente orrore.
Visto il
15-01-2010
al
Nuovo Teatro Sancarluccio
di Napoli
(NA)