Prosa
EMIGRANTI

Quando nel 1974 Slawomir Mroz…

Quando nel 1974 Slawomir Mroz…
Quando nel 1974 Slawomir Mrozek scrive la sua pièce di denuncia delle condizioni di vita e di pensiero di due immigrati in paese straniero, di fatto concepisce un potentissimo testo teatrale, che di anno in anno conosce sempre più rappresentazioni. Il palcoscenico, “porta chiusa” per eccellenza, costituisce una cornice ideale per le compagnie che si confrontano con i dialoghi brillanti e amari allo stesso tempo dei due esponenti delle opposte classi operaia ed intellettuale costretti a far fronte alla reciproca diffidenza e miseria, fino a cercare insieme di dare un senso alla loro condizione di vita nello scantinato squallido, pieno di tubi, che di fatto li paragona a dei “parassiti” proliferanti all’interno di un organismo. In questa nuova versione, complice lo spazio minimalista e funzionale dell’Argot studio, il regista Benso ripropone in maniera sobria ed efficace la scenografia immaginata da Mrozek: i due letti gemelli, i tubi che pendono dal soffitto, le poche stoviglie, il tavolaccio centrale su cui convergono discussioni e speranze, circondano i due attori Procopio e Bianucci, immergendo loro e il pubblico in una dimensione “altra”. Da parte degli attori è particolarmente apprezzabile l’essenzialità con cui ciascuno di loro ha saputo richiamare il proprio personaggio,fino a dare vita a quei due opposti destinati a scontrarsi: il “gonococco” intellettuale, indossato da Bianucci come una maschera di retorica ma anche di rabbiosa insofferenza verso la società intesa come forma mentale, e il “protozoo” operaio, cui Procopio riesce a dare dignità, dosando con buon senso sensibilità e comicità fino a raggiungere il giusto grado di profondità ed interesse. Rispetto al testo originale di Mrozek si può giusto osservare una dose minore di mordente nell’aspetto “politico” della denuncia; abbiamo l’impressione qui di assistere più che altro a un duello di psicologie e pensieri contrastanti in un rapporto a due, che esclude il mondo esterno e di fatto non lo considera, perdendo dunque quella caratteristica sociale più espressiva del teatro dell’autore polacco. Roma, Teatro Argot Studio 31 gennaio 2008
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