“Soli” nella danza e nel teatro: due personalità artistiche a confronto. Con questo slogan ha proseguito e si è conclusa ieri la bella iniziativa legata, ancora una volta, al terremoto del 6 aprile scorso all’Aquila, che ha portato a iniziative costanti di solidarietà e di aiuto. Questa volta la proposta viene direttamente dall’associazione “Art-Aid Aq”, il cui fine è quello, concreto, di favorire la costruzione di un nuovo centro artistico presso la città colpita, spazio non solo fisico, ma anche psicologico, di un nuovo inizio all’insegna della cultura e dell’arte, espressioni somme e fondamentali dell’animo umano, soprattutto quando provato duramente da catastrofi e lutti.
In queste quattro giornate di rassegne vari artisti si sono succeduti in vari ambiti artistici, la cui predominanza rimane legata per lo più al teatro-danza, con le sue forti gestualità e simbologie espressive.
Nella suggestiva cornice del teatro Ruskaja, sede dell’Accademia Nazionale di Danza, si è assistito ieri a due assoli dal forte impatto:
Il primo ha visto l’interpretazione, avvincente e ispirata, di Beatrice Magalotti che con il suo Esercizi di nuoto? ha proposto al pubblico presente tutte le tematiche classiche della teatro-danza, volta infatti, più che a presentare un vero e proprio balletto, a suggerire immagini, visioni e significati dal forte legame tra gesto e intenzione, tra mimo e simbolo. Molte le interpretazioni possibili sui pochi oggetti che hanno accompagnato la mezz’ora di esibizione della Magalotti, divisa tra una bambolina in miniatura e un bicchiere mezzo vuoto (o mezzo pieno?). Esercizi di nuoto, o di vita, di una bambina nel suo percorso evolutivo verso la maturita? Desiderio (impossibile) di rientrare in una dimensione priva di incertezze e di domande (dalle note di regia: come farò a stare tutta intera in quel bicchiere?), rappresentata dal bicchiere stesso e dalla bambolina, simbolo di un’infanzia perduta o di una risposta definitiva mai trovata? Al di là di tutte le speculazioni possibili rimane la leggiadria di un corpo danzante che taglia lo spazio e l’aria con coreografie visive (aiutato da una semplice ed efficace “ripetizione” dei movimenti, proiettata dietro) e vocali – semplici suoni, balbettii di un essere che assiste alla propria nascita e al contempo al proprio sviluppo.
Con la seconda performance rientriamo nella particolarissima dimensione teatrale voluta da Gabriele Linari, giovane e dotato regista, di cui già avevamo assistito con piacere alla rappresentazione di “Lettera al padre” di Kafka, il mese scorso. Sempre allo scrittore praghese è dunque dedicata anche questa seconda opera, un breve pot-pourri di varie opere kafkiane, riproposte in un linguaggio espressivo e corporeo che rientra bene nel contesto sopra citato del teatro-danza, qui decisamente teatro. Meno simbolico e più diretto infatti, in quanto sostenuto dalla corposità e dalla densità della vita del protagonista di Salterò dentro la tua novella, Linari ripropone il suo intenso modo di vedere e sentire l’incompiutezza e l’irrequietezza che caratterizzò peraltro la genialità di Kafka, volto a una costante ricerca di sé e del proprio posto nel mondo. Rispetto alla versione precedente, in cui si esaminava appunto una delle opere più strazianti, “Lettera al padre”, manca forse quel contesto così personale e accorato legato alla figura paterna, temuta, rifuggita e al contempo disperatamente cercata. La scelta e la semplice lettura delle opere kafkiane – immancabili le “Metamorfosi” – suggerisce un contesto più disimpegnato, legato anche a una cornice più lineare, priva di quelle divisioni di spazio e oggetti – qui ridotti al minimo: due ombrelli, dei libri. Non mancano però momenti forti e toccanti, come l’uscita finale di scena, siglata dall’ultimo empito di vita, quell’ultimo respiro esalato non con timore o dolore, ma con intima soddisfazione per il raggiungimento (forse) di una pace a lungo agognata.
Roma, 16 luglio 2009
Teatro Ruskaja, Accademia Nazionale di Danza
Visto il
al
Ruskaja - Accademia Nazionale di Danza
di Roma
(RM)