Le mille voci di Amleto

Le mille voci di Amleto

Ancora, di nuovo in Amleto, come un attore consumato da troppi Amleti, che ora, in età avanzata, si prenda il gusto di prenderlo in giro il “suo” Amleto. Roberto Herlitzka però non ha mai fatto Amleto: in questa scena dimessa, il cui spazio vuoto si restringe intorno al corpo solitario del Personaggio, egli si propone come un impostore, come un attore che “non è morto giovane neppure da Amleto in scena”, e infila un folle dialogo a una voce sola con Amleto, un monologo lungo un’ora e mezzo, dove l’integralità dei passaggi più noti – un Essere o non Essere pronunciato in piedi su una sedia, delineato nello spazio e nel tempo ‘a parte’ da un controluce rosso – viene smembrata e riunita in una personale scrittura temporale voluta dallo stesso Herlitzka, riunendo scene, tirate, battaglie e lutti in una sequenza contratta, ridotta alla sua essenza.
In quest’operazione teatrale, oltre ad ammirare la straordinaria macchina teatrale in cui Herlitzka si trasforma, con il suo linguaggio verbale e corporeo in cui la voce sardonica si leva e si abbassa in mille sfumature diverse, e le mani sottili modellano una poesia di gesti ipnotica, viene fuori la sua straordinaria ironia e autoironia.


Roberto afferma che il suo Amleto è un “ex” perché davvero egli non ha più l’età di poterlo interpretare con veridicità: questa è la chiave  per entrare nella dimensione herlitzkiana in cui il danese afflitto dal Dubbio costante viene recitato, ma al contempo visto dal di fuori dal suo stesso interprete. Non vediamo solo Herlitzka che fa Amleto, ma Herlitzka che fa sberleffi ad Amleto, lo accompagna con bonarietà, mette a nudo i suoi dilemmi, i suoi rapporti imperfetti con tutta la corte, facendo giungere da lontano, come separate da un leggero velo di perplessità e divertimento, le voci ora alte, ora tragiche, ora grottesche, della madre, dei due compagni Rosencrantz e Guildestern, mentre Ofelia rimane figura invisibile, evocata ma non materializzata.

Nelle mille magie operate da questo straordinario Uomo di teatro che, con la sua voce, la sua maestria, il suo immediato incarnarsi e allontanarsi dal Personaggio, costituisce la migliore lezione cui si possa assisstere, siamo anche testimoni di un’ulteriore alchimia, quando alla fine di questo delirante, magnifico viaggio forsennato, per un momento, o forse di più, la figura in scena pare sdoppiarsi, e li vediamo entrambi: Roberto, ma anche Amleto, Amleto ma soprattutto Roberto, lassù, in sella al magnifico tappeto dei versi shakespeariani.