Claudio Gnomus, l’interprete di questo spettacolo, alla fine della rappresentazione si trova a dire all’incirca le seguenti parole: “mi piace pensare che in questo momento lo spettacolo stia finendo anche in altri palcoscenici d’Europa, più o meno alla stessa ora (fusi orari permettendo) e con le stesse modalità”.
Arriva ultima in Italia, dopo i debutti d’oltralpe, in Belgio, Francia e tutt’Europa, questo particolare tipo di performance, la cui nascita si deve alla serie di libri, campioni d’incassi in America, incentrati sulle dinamiche di Marte e Venere ovvero sulla diversità dei sessi in un rapporto di coppia. L’autore americano, John Gray, con le sue conferenze ha richiamato l’attenzione dello studioso belga Paul Dewandre, che ha saputo adattare e trasformare la tipologia della conferenza trasformandola in un monologo-lezione teatrale in cui un conferenziere spiega a un uditorio di spettatori-allievi come migliorare, salvare e arricchire le relazioni sentimentali e le dinamiche legate al matrimonio e alla coppia.
In Italia Gli uomini vengono da Marte… le donne da Venere approda dunque per la prima volta, andando ad aumentare il bottino di repliche europee. A ricoprire la veste del conferenziere esperto di problemi di coppia è appunto Claudio Gnomus, che ha portato nel suo personaggio, per la verità abbastanza neutro, la propria formazione molteplice, non solo teatrale, ma di mimo e di docente (lo è stato effettivamente nella vita).
Questo è importante per capire la natura assolutamente non teatrale di questa rappresentazione, in cui non si mira a raccontare una storia o a mostrare una regia attraverso l’interpretazione dell’attore o l’uso di scenografie e luci particolari, quanto a servire un concetto e una serie di spiegazioni: non a caso il palcoscenico viene ripensato come aula di lezione, con tanto di cattedra e video-proiezione dove il ‘docente’, né più né meno che all’interno di una classe, si concede rapidi e numerosi fuori scena per uscite improvvisate con il pubblico. Vengono introdotti una serie di concetti che richiedono effettivamente la comprensione e la conferma da parte degli spettatori, spesso chiamati essi stessi in causa, a volte fin sopra il palcoscenico. I vari “paragrafi” relativi alle diversità uomo/donna rispetto a determinate situazioni-tipo – sottolineati in questo senso da un palco alle cui estremità sono sospesi i simboli maschio / femmina – vengono “teatralizzati” da Gnomus, che ricopre ora l’aspetto maschile ora quello femminile, in uno schema visivo efficace e diretto, questo sì più attinente all’esperienza teatrale.
Rimane tuttavia un tipo di rappresentazione complessa che fatica a trovare un proprio ritmo e una resa temporale efficace: i tempi sono a volte pericolosamente allungati, soprattutto quando la dissertazione scientifica, tratta dai paragrafi del libro, poggia solo sull’eloquio ‘a braccio’ dell’interprete e non sugli esempi esilaranti delle situazioni in cui vengono a trovarsi le coppie. La sensazione è quella che l’operazione italiana sia stata assimilata, o meglio appiccicata al modello europeo in maniera poco mirata, portando così a tipologie e declamazioni che, se suonano piacevoli su un palco francese, magari interpretati in maniera sciolta e divertita dallo stesso Dewandre, in bocca a un attore italiano, tra l’altro proveniente da un teatro più popolare e immediato, risultano inevitabilmente forzate e poco sincere. Non aiutano in questo senso diversi inconvenienti tecnici presentatisi nella serata, legati a un computer non sempre pronto nel rispondere alle sollecitazioni visive di parole e concetti, e anche alla tendenza di Gnomus di servirsi di una condotta dietro le quinte, purtroppo più volte prossima allo smascheramento.