Prosa
IL CARDINAL MIA CARA VIA CRUCIS LAICA

Gli uomini sono incapaci di amarsi?

Gli uomini sono incapaci di amarsi?

 


(...) In fondo a un calice di pietra 
ho visto la mia paura per l'amore 
e gli uomini, agli angoli delle strade, 
mi sono apparsi come statue di sale.
Poi una notte ho imboccato la strada del desiderio
 e sono caduto in un lago-occhio verde. 
Quando mi sono ripreso ho capito 
che la polvere calcificata sulle rive de Tevere, 
testimone del mio omicidio, 
perché uccidere l'amore è il peggior omicidio, 
lo avrebbe urlato al mondo 
e così ho deciso di diventare 
una caricatura in privato 
e un irreprensibile in pubblico.

A parlare così è il Cardinale, un uomo non più giovane che abbiamo visto su una sedia a rotelle per tutto lo spettacolo ma che in questo monologo finale è in piedi, indossando un lungo manto con strascico, e che abbiamo sentito per tutta la pièce parlare di sé e degli omosessuali come lui che conosce, o che riconosce, al femminile.
Il Cardinale è parte di una delle due coppie sulle quali si dipana Il cardinal Mia Cara testo di Fabio Croce, pubblicato nel 2003 per i tipi delle Edizioni Libreria Croce (con una copertina che ricorda smaccatamente quelle di Adelphi) messa in scena nel 2005 sempre al Teatro di Documenti, dove lo spettacolo è tornato, in una versione leggermente diversa, in questo scorcio di primavera.

Il testo è ispirato, in quache modo, al un triplice delitto avvenuto in Vaticano il 4 maggio del 1998, quando Cedric Tournay, di 23 anni, vicecaporale delle Guardie Svizzere, uccise il comandante Alois Estermann di 43 e sua moglie Gladys Meza e poi si tolse la vita.
Nell'economia della pièce le dinamiche di questo omicidiosuicidio, mai del tutto chiarite e che ufficialmente non parlano di una relazione amorosa tra i due uomini, sono poco più di un pretesto per interrogarsi sui rapporti tra omosessualità e dottrina cristiana, tra Vaticano e omofobia.

Per far questo Croce alterna due diverse situazioni, quella tra un ragazzo e un uomo, legati da una relazione sentimentale ,e quella del Cardinale e di un professore suo attaché personale, che lo spinge sulla carrozzina, accompagnandolo in festini privati nei quali partecipano uomini maturi e i loro giovani amanti.

Queste due coppie permettono a Croce di imbastire un discorso parallelo il cui confronto fa emergere considerazioni non dette ma evidenti nella loro icasticità.

Le scene tra l'uomo è il ragazzo sono le più semplici da riportare. Le dinamiche sono quelle classiche tra chi è innamorato e soffre, il giovane, e chi invece si vive la relazione come attrazione sessuale, l'uomo, sposato, che adesso è più cauto nel frequentare il ragazzo perchè è in attesa di una promozione.

Quelle tra il cardinale e il professore sono più difficili da restituire perchè Croce imbastisce un sottilissimo e ricco sottotesto nei commenti del Cardinale, dal quale trapela tutto un set di valori poco cristiano e molto "omosessuale", al quale fanno da contraltare le domande fin troppo ingenue del professore che (si) chiede come mai la Chiesa ce l'abbia tanto con gli omosessuali.

Nei discorsi tra cardinale e professore fanno capolino i rapporti tra l'uomo e il ragazzo la cui relazione fin troppo evidente sta creando non pochi problemi tanto che l'epilogo viene raccontato dal Cardinale che ne dà una precisa ottica di cospirazione e copertura diversa dalla versione ufficiale.

Nonostante la brevità del testo gli argomenti messi sulla scena sono talmente complessi e con tante di quelle implicazioni che in questa sede non possiamo che limitarci ad accennare a quelli principali.

L'assunto di fondo dal quale il testo parte, almeno nelle esternazioni del Cardinale, è che nella Chiesa ci sia una diffusa omosessualità praticata, tollerata finché viene tenuta nascosta. Una omosessualità raccontata dal Cardinale con uno sguardo maschilista che commenta le relazioni tra i prelati maturi o anziani che si circondano di giovani legandosi a loro non con rapporti di affetto ma con rapporti sessuali mediati da scambi di potere ed economici.

Anche le pratiche sessuali compiute, così come le riporta il Cardinale, sono inevitabilmente fallocentriche: i più anziani bramano il membro dei giovani piuttosto che la persona cui è ...attaccato come se l'unico erotismo che possa legare due uomini sia quello mercenario come se, data la forte differenza di età, tra giovani e anziani non possano esserci rapporti affettivi o comunque sganciati da un tornaconto personale. 
Insomma un ...berlusconismo vaticano in chiave gaia che nulla aggiunge e nulla toglie al luogo comune che una persona giovane e bella se fa carriera la fa per l'aspetto fisico (e annesse prestazioni sessuali) e non per merito.

E' chiara l'intenzione del testo di voler svelare l'ipocrisia di chi è contro l'omosessualità e poi la pratica, ma mostrare degli escort come unico paradigma dei rapporti sessuali tra uomini in Vaticano non fa certo una buona pubblicità alle persone omosessuali.

Anche il giovane della coppia di guardie, che pure dice ripetutamente di amare l'uomo sposato, ammette di essere stato con altre persone, anche con il Cardinale, per soldi o per altro tornaconto, confondendo dunque l'affettività con l'esigenza narcisista di essere desiderato. Il giovane infatti si lamenta di non essere più cercato dal suo amato e quando questi non si presenta a un appuntamento parla di sé e del suo membro una volta così tanto ricercato e apprezzato al quale riconosce di essere stato la sua salvezza e la sua condanna.

Nella dialettica che vede il Cardinale risolvere il sesso tra uomini come meretricio e il professore insistere sulla sincerità dell'affettività omoerotica l'esempio delle due guardie svizzere sembra dare ragione al Cardinale:
del tanto rimarcato amore non c'è traccia e al suo posto c'è invece la seduzione dei corpi (compreso un inutile e voyeuristico rapporto orale mimato in scena dell'uomo sposato sul ragazzo).

Insomma sembra che anche la coppia che dovrebbe mostrare  l'omo-affettività sia mediata da altri interessi, e che il sentimento  sia quasi un incidente di percorso di dinamiche altre e che conduca all'omicidio/suicidio finale (la gelosia).

Le domande che il professore fa al Cardinale sono teologicamente  molto ingenue e non hanno un vero peso politico. Rimproverare alla  Chiesa le sue posizioni omofobiche quando queste vanno inquadrate in un più vasto meccanismo di controllo sessuofobo sembrano fin troppo partigiane.   E come un carnivoro che vuole a tutti i costi essere accettato in un club di vegetariani il professore vorrebbe imporre alla Chiesa la propria omosessualità.

Se da un lato la morale cattolica sembra aver represso tanto il Cardinale, che ha trovato il modo di vivere la propria omosessualità tra i suoi interstizi, quanto il professore, che invece è alla disperata ricerca di approvazione da parte di una Chiesa che, al limite, in quanto omosessuale, può tollerarlo imponendogli la castità, il senso di colpa di tutti e quattro i personaggi per il proprio orientamento sessuale sembra più dettato da un insanabile non accettazione interiore che dalle oggettive ingerenze discriminatorie omofobiche della società e dell'universo mondo.

Per cui pur nel tentativo di denunciare le ipocrisie ecclesiastiche sull'omosessualità gli omosessuali descritti in questa pièce sono sempre quelli sofferti e incapaci di avere una affettività, annichiliti da un sesso fallocratico che sostituisce il membro alla persona.
Omosessuali così male in arnese che è difficile difenderli dall'accusa della Chiesa di essere moralmente disordinati morale.

Quel che la pièce non spiega, o forse, più semplicemente, non ha capito chi scrive, è se il disordine morale di questi omosessuali derivi dalla repressione sessuale della Chiesa o se sia invece una coordinata esistenziale comune a tutta la categoria.

Ovvero se questi omosessuali siano infelici per l'oggettivo ammanco di diritti, unico elemento che accomuna persone altrimenti così diverse per ideologia indole ed estrazione sociale, o scaturisca da una infelicità esistenziale che nasce dalla constatazione che gli uomini sono incapaci di una omoaffettività disinteressata.
Perchè l'omosessualità vissuta così clandestinamente, come merce di scambio, come surrogato di una vita altra che non si osa nemmeno sognare di avere, è ancora pura espressione di quel profondo patriarcato nel quale tutti viviamo e del quale questi omosessuali non sono vittime ma i figli più cari.

Notevole la prova d'attori, che raggiunge le punte massime nel monologo di Achille Brugini che chiude la pièce, citata in esergo, che dà una straordinaria credibilità a un personaggio difficile come quello del Cardinale, e nel monologo di Michele Cesari che interpreta il giovane innamorato, ben diretti dalla regia attenta, e che sfronda di qualche eccesso del testo originale, di Paolo Orlandelli.


 

Visto il 13-04-2012
al Di Documenti di Roma (RM)