Prosa
IL LAMPADARIO - CAROLINE BAGLIONI

Il Lampadario: guardando il mondo a testa in giù.

Caroline Baglioni
Caroline Baglioni

Il testo di Caroline Baglioni parte dalla tragedia del Ponte Morandi, ma con esiti non sempre immediatamente leggibili.

Vincitrice del Bando Autori Under 40 della Biennale 2019, Caroline Baglioni è presente all'edizione 2020 con la prima assoluta de Il Lampadario, per la regia di Leonardo Lidi e l’interpretazione di Ludovico Fededegni, Annibale Pavone, Emanuele Turetta, Giuliana Bianca Vigogna, ispirato da e al crollo del Ponte Morandi di Genova dell’agosto di ormai due anni fa.

Le cose accadono contemporaneamente

E’ questo il filo che si dipana lungo dialoghi di Mauretto, Triscia, Fantino e lo Sconosciuto, i quattro personaggi in scena che, senza di fatto andarsi mai incontro realmente, provano ad arraffare i pensieri dell’altro. Attraverso un continuo e surreale gioco telepatico, i protagonisti entrano ed escono dalla propria e dalle storie altrui, perché così come non riescono ad evadere dall'asettico spazio che li imprigiona, Mauretto non esce da 16 anni, non sono in grado di scappare dai pensieri. 

Il moltiplicarsi dei pensieri è metafora delle cose che accadono ovunque e nello stesso tempo, a volte lasciando tracce leggere, a volte sconvolgendo irrimediabilmente la vita di tutti, anche di coloro che non vi hanno direttamente preso parte. Ed è così che si naufraga verso una condizione di spaesamento, dalla quale rischiamo di non rialzarci più, e allora la narrazione supera l’azione e la prospettiva diventa quella di chi guarda stando a testa in giù, come un lampadario appunto. Per questo, dirà a un certo punto lo Sconosciuto: “Siamo palazzi appesi al cielo, esattamente come la pioggia”.

Il Ponte Morandi (?)

Il crollo del viadotto di Genova nell'agosto del 2018, riflette la giovane autrice, è uno di quegli eventi che, quando accadono, travolgono tutti, ma proprio tutti. Il collegamento, tuttavia, tra quello che accade in scena e i fatti del Ponte Morandi non appare certo così immediato. 

Di fronte al pubblico ci sono quattro persone che si svelano vicendevoli pensieri in un tragicomico rimpallo di rapporti e legami, mentre fuori dal loro spazio le macchine lampeggiano o si sorpassano. Lo stesso lunghissimo racconto dello Sconosciuto, che mescola in un unico soliloquio rimandi quasi mantrici a The power of now di Eckahrt Tolle, le presunte gambe aperte di una che ci sta, l’inevitabile giornata al mare e i battibecchi con chi sta al volante, sembra muoversi in maniera del tutto autonoma rispetto al presupposto drammaturgico della piéce, che solo il programma di sala riesce a chiarire. 

E’ questo, infatti, l’effetto generale della messa in scena: dialoghi serratissimi e ben costruiti, ma che attraverso una sorta di cortocircuito interno, dove tutto è un continuo rimando senza sviluppo, non trovano respiro e si spengono in una terra di nessuno. Che non appartiene agli attori in scena, ma neanche agli spettatori. Se ci sono fatti che travolgono tutti, perché lasciare che restino senza alcuna possibilità di codifica?

Visto il 15-09-2020
al Arsenale - Sala d'armi di Venezia (VE)