La Ballata delle Alpi: ‘omnia vincit Amor’

La Ballata delle Alpi: ‘omnia vincit Amor’
L’amore vince ogni cosa. L’amore è infatti al centro della pièce presentata dalla compagnia russa Lytseiski, all’interno della V edizione della Rassegna di Teatro Internazionale al teatro Abarico. Sentimenti di dedizione e commozione si sono respirati anche intorno a quest’avvenimento che ha permesso un incontro importante tra due culture e due modi di fare teatro. Il romanzo dello scrittore bielorusso V. Bykov “Un viaggio attraverso le Alpi”, nel quale si incontrano, in fuga dai campi di prigionia tedeschi, Ivan, un soldato russo e Giulia, una partigiana italiana, è stato proposto in una messa in scena densa di simbologia e di verità, in cui le parole e i sentimenti non passano solo attraverso l’espressione verbale, ma si intuiscono, si materializzano nel gioco fisico degli attori, nello spazio in cui dal nulla vengono creati invalicabili catene rocciose, e guadi, e ponti sospesi con la semplice presenza di due praticabili che vengono ruotati, spostati, sovrapposti in mille combinazioni per essere usati, scavalcati, scalati dai due attori protagonisti. Il regista Timofeev attua una costruzione emotiva e immediata dell’animo umano messo di fronte a se stesso e alle proprie possibilità in una situazione irreale ed estrema come quella della guerra, della fuga e dell’incontro con l’altro che può rappresentare tanto un pericolo quanto un’occasione per un futuro migliore, magari insieme. Gli accenti, le emozioni, i vari livelli di lettura e di comprensione vengono resi in una messa in scena carica di dimensioni plurime rappresentate da figure ‘altre’, come i due uomini velati di bianco e di nero che, lungi dall’essere due semplici assistenti per l’utilizzo dei praticabili, rispecchiano altrettante condizioni dell’interiorità dei due, incubi, ma anche possibilità di vita e di riscatto. Più ambigua, sottilmente angosciosa e indefinita è la figura del terzo prigioniero in fuga, che appare e scompare lungo il cammino dei due protagonisti, inseguendo un tozzo di pane per sopravvivere, ma anche seguendo come un’ombra la loro strada, per giocare una parte decisiva al rendez-vous finale prima dello scioglimento ultimo. I giovani attori della compagnia di Omsk hanno messo in pratica di fronte a uno stupefatto pubblico italiano la metodologia semplice e rigorosissima di un modo di fare teatro che punta tutto sul corpo, sulla mimica e sull’intensità di un gioco interpretativo che concede poco alla casualità o all’improvvisazione per giungere con verità e precisione a un’emozione profonda, primordiale, come l’amore assoluto, senza compromessi che i due fuggiaschi incontrano in un cammino che poteva condurre solo alla morte. E la morte che aleggia intorno a loro non sopravvivrà a quel futuro voluto e conquistato, di cui Giulia e suo figlio raccolgono l’eredità. Impossibile non tributare un plauso particolare all’interpretazione dei due attori protagonisti, dove spicca il talento indiscutibile di Maria Tokareva, giovane attrice che conquista immediatamente per un fascino acerbo da bambina così simile a quello della felliniana Gelsomina, di cui inconsapevolmente ripercorre sorrisi, gioiosità e movenze, così perfettamente complementari all’interpretazione di intensa dignità di Evgenii Totchilov, che in questa dimensione assoluta rappresenta l’uomo, il compagno e il sacrificio che solo un amore vero ha il diritto di chiedere.