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LA LEGGENDA DEL GRANDE INQUISITORE

La Leggenda del Grande Inquisitore

La Leggenda del Grande Inquisitore
Nell’ambito di un ciclo di letture e approfondimenti di testi universali, dopo la lettura dell’anno scorso su Il libro di Giobbe, quest’anno la Chiesa del Gesù ha ospitato il racconto tratto da I Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, La Leggenda del Grande Inquisitore, un testo che per la modernità e per la portata dei suoi argomenti ha richiamato un vastissimo pubblico, ed è stato ulteriormente impreziosito dal commento finale del Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, Monsignor Ravasi. Tre lettori si sono succeduti nei ruoli di Ivan e Aliosha Karamazov, e del Grande Inquisitore, facendo risuonare le navate della chiesa sotto le voci incalzanti del processo condotto contro un Gesù che ha il coraggio di ripresentarsi mille e cinquecento anni dopo la sua ascesa al Cielo, nella Siviglia della Grande Inquisizione, per essere giudicato e processato proprio per questo suo inopportuno riapparire. I tre personaggi vengono letti e animati da tre postazioni separate, lontane: a sinistra e a destra dello spazio solitamente riservato all’altare si fronteggiano, seduti, i due fratelli Ivan e Aliosha Karamazov, mentre al centro è posto un alto crocifisso al quale parla il Grande Inquisitore, in piedi sotto di esso, giudice all’apparenza, in realtà sovrastato in ogni secondo dalla Croce e da quello che essa rappresenta. Il nodo cruciale di tutto il racconto sta proprio in quella moderna inquietudine con cui Ivan, attraverso la figura tormentata del vecchio Inquisitore, fa conoscere al fratello minore e a tutti noi quei dubbi costanti dell’animo umano, quel desiderio di libertà, ma anche di fede, la convinzione che l’amore non possa essere disgiunto dalla sofferenza e questa sia inevitabile, negando così l’utilità e dunque l’esistenza stessa di Dio. Una “verità” cui però lo stesso Ivan non si rassegna: alla fine il suo Inquisitore renderà la libertà al suo prigioniero, silenzioso prigioniero che non ha proferito parola durante il processo, ma che alla fine ha sfiorato le labbra del suo giudice con un bacio. L’Inquisitore non cambia idea sul proprio cammino che lo ha allontanato così tanto, ma nel diffidare il prigioniero dal venire ancora su questa terra, egli sa, sente che quel bacio gli strazia il cuore… Chi ha avuto l’occasione di assistere alle regie di Rosario Tronnolone, sa che egli compone la sua messa in scena come una partitura musicale, potremmo dire una partitura dell’anima, dove nessuna parola va perduta, nessuna sfumatura del personaggio e della sua storia vengono tralasciate o trascurate. Con quest’ottica il regista ha affrontato la scelta obbligata della lettura drammatizzata, e non della messa in scena, collocandosi l’evento all’interno di una chiesa, ma questa ‘limitazione’ ha di fatto reso più potente e interessante l’operazione, rivestendo la lettura effettuata dai personaggi immobili, seduti o in piedi ai propri leggii, di una ricchezza espressiva e di un livello interiore che sono emersi naturalmente nello spazio vuoto, e che hanno portato potentemente lo spettatore all’interno dell’universo dostoevskiano, caratterizzato dalla ricerca e dalla sete di verità. I tre attori coinvolti hanno portato ognuno la propria personale gamma di vissuto e di esperienza nei personaggi a loro affidati. E se Mino Caprio, nei panni dell’imponente e tormentato Inquisitore, si è concesso qua e là qualche accento ironico che ha umanizzato anche un po’ troppo il suo personaggio, rischiando un’interpretazione leggermente sopra le righe, recuperata peraltro con attenzione e precisione soprattutto nelle ultime, struggenti righe, ci è parsa in particolar modo degna di nota l’interpretazione compatta e sobria di Alessandro Pala, che ha incarnato un Ivan perfetto, venato di quell’umanità consapevole della propria imperfezione e del proprio orgoglio. Nell’economia del testo e dell’operazione scenica uno spazio più piccolo è stato assegnato al giovane Aliosha (Gabriele Parrillo), le cui esclamazioni di incredulità e sdegno segnano come un contrappunto animato le affermazioni più dure e sconcertanti del fratello maggiore e soprattutto del personaggio da lui creato.
Visto il 21-03-2010
al Chiesa del Gesù di Roma (RM)