Lo spettacolo è presentato in lingua francese con sottotitoli in italiano. L’attrice nostrana Jasmine Trinca – chiusa in una cabina in stile Rischiatutto – è la voce narrante di questo incontro di due anime
L’acclamata regista britannica Katie Mitchell, una delle maggiori esponenti del teatro contemporaneo, propone una lettura in chiave cinematografica, liberamente ispirata a La maladie de la mort, provocatorio testo pubblicato da Marguerite Duras nel 1982: sul palcoscenico viene allestito un vero e proprio set, con tre macchine da presa e tecnici specializzati che seguono in presa diretta, le morbose dinamiche che si creano durante l’incontro sessuale tra un uomo e una donna nella camera di un hotel vicino al mare.
Il reale obiettivo dell’osservazione non sono i personaggi, ma i generi che rappresentano (Maschile e Femminile): il confronto uomo-donna è avvolto da un’aura di mistero, che assume gradualmente la dimensione di un thriller psicologico.
La solitudine del corpo e dell’anima
Per Marguerite Duras la “malattia della morte”, percepita nell’adattamento per il palcoscenico, come una minaccia costante, corrisponde essenzialmente all’incapacità di amare. Una condizione permanente, che si traduce nella solitudine del corpo (e dell’anima) di un uomo che paga una giovane donna “provare l’esperienza dell’amore”.
Lo sguardo cinematografico della regista Katie Mitchell permette al pubblico di cogliere ogni sfumatura dell’interpretazione dei due protagonisti: Nick Fletcher è sorprendente nel rendere con poche e azzeccate espressioni del viso il profondo senso di inadeguatezza e smarrimento di un uomo che non è capace di amare; Laetitia Dosch sa usare il proprio corpo come arma (fin dal primo momento in cui si toglie i vestiti), ma lo fa senza particolare malizia, sul piano fisico, mentre si dimostra più scaltra nelle preliminari “domande di rito” che rivolge al suo cliente.
Un racconto per voce narrante
Lo spettacolo è presentato in lingua francese con sottotitoli in italiano. L’attrice nostrana Jasmine Trinca – chiusa in una cabina in stile Rischiatutto – è la voce narrante di questo incontro due anime che non riescono a entrare in intimità. Tra loro non esiste rabbia, passione o livore e forse è proprio questo uno dei motivi per cui i due protagonisti si danno del “voi”, un espediente mantenuto anche dalla narratrice, soprattutto quando deve riferirsi all’uomo.
L’imprescindibile componente voyeuristica della mise en espace viene tuttavia smorzata dalla costante presenza di tecnici e operatori sulla scena. In quest’ottica, nonostante l’efficacia sul piano della costruzione cinematografica,va considerato che, probabilmente, il palcoscenico di un teatro all’italiana come il Carignano possa non rivelarsi il più adatto per un’adeguata fruizione teatrale di un allestimento così psicologicamente penetrante.