Il lavoro adattato e diretto da Claudio Autelli si presta a diverse interpretazioni. E questo è anche il merito dell’opera. L’arrivo di un nuovo inquilino, oggetto delle angherie del proprietario e degli altri condomini, visto in chiave attuale, potrebbe rappresentare il rifiuto da parte della comunità di accogliere l’altro, di respingere chi è diverso da noi per etnia o per tendenze sessuali. Al di là delle apparenze di ospitalità formali mostrate all’inizio, la comunità si coalizza per eliminare l’intruso, per espungere chi potrebbe danneggiarla. Anche costringendolo a infrangere le regole o, peggio, a compiere gesti estremi. Come l’ennesima prova del disfacimento della dimensione sociale dei rapporti umani.
Ma non è solo questa una chiave di lettura possibile. Un’altra ipotesi la fornisce una riflessione dello stesso protagonista, Trelkovsky, quando si accorge che qualcuno lo sta spiando, o derubando, e si rende conto con orrore che dentro un cofanetto nell’armadio c’è un dente della precedente inquilina suicida, Simona: “Da quale momento un individuo pensa di smettere di essere quello che pensa?” si chiede con angoscia. Chi è in realtà Trelkovsky? Che senso hanno i suoi incubi? Che rapporto ha con la ragazza morta suicida?
Il fatto che, a un certo punto, l’uomo decida di travestirsi da donna, per sfuggire ai soprusi dei suoi coinquilini, in realtà lo porta proprio a cadere nella loro trappola. A meno che questa non sia una trappola mentale che si è creato lui stesso e il fatto di “pensare in un modo che non fosse il suo” sia perché lui, in realtà, è proprio Simona, la ragazza che si è uccisa ed è destinato a ripetere come in un incubo quel gesto all’infinito, rivivendo la vergogna per la sua diversità.
Dal livello sociale a quello psicologico, la gamma interpretativa è molteplice. L’abilità di Topor, l’autore del romanzo, è proprio quella di stanare dal nostro subconscio i mostri che ognuno di noi cova dentro , per creare una reazione di angoscia, anzi meglio, di panico. E il protagonista lo dice alla fine, quasi orgoglioso di questa sua scoperta tragica: “Ho scelto il mio terreno, il panico… In questo campo io sono il re!”.
Buona la prova degli attori, che si sono spesi in diverse parti: Alice Conti, Michele di Giacomo, Giacomo Ferraù e Marcello Mocchi. La scenografia ha ricreato un’atmosfera cupa e sospesa, anche grazie a musiche e suoni che sottolineano l’inquietudine e il senso di straniamento della storia.