Non riuscivano a crederci, i ragazzi del dottorato di storia del teatro, che la commedia brillante che avevano appena applaudito era nata là, sotto i loro occhi, senza neppure una riga di copione scritto, senza una briciola di struttura narrativa; ma unicamente per l’esito magico di una macchina teatrale portentosa. E in effetti è forte la sensazione di “prodigio” scenico per chi assiste per la prima volta agli spettacoli della QFC, la compagnia italiana di giovani attori professionisti dell’improvvisazione. Sulla base di uno spunto casuale, offerto dal pubblico un istante prima dell’apertura del sipario, nasce all’impronta la storia − ogni sera perciò diversa − elaborata secondo i canoni formali del teatro classico: scene chiuse, analessi, intreccio narrativo, agnizione, convergenza ad un punto finale. Lo spettatore che non fosse avvertito nella natura totalmente estemporanea del testo non potrebbe neppure sospettare che a sorreggere la rappresentazione non c’è altro che un intuito rapidissimo ed una rigorosa tecnica di esecuzione.
Stasera la volontà d'uno spettatore impone che la storia debba chiudersi con un «matrimonio». Ma la costruzione drammaturgica non è affatto schiacciata dal vincolo proposto: una serie di microstorie avventurose alludono più volte alla scena finale, senza fretta di attuarla. Gli attori si concedono i tempi giusti della scena con gran respiro narrativo: esplorano le vicende del fioraio che dovrà addobbare la chiesa e di una prostituta che concede l’addio al celibato, di Babbo Natale e di una marmotta d’oro. Poi, come per effetto di una scrittura progettata con attenzione, le storie collassano verso il punto d’arrivo. E tuttavia niente è prevedibile: la suspense e i colpi di scena accelerano man mano che si volge verso l’epilogo e interferiscono con l’immaginazione dello spettatore, provocando un continuo solletico intellettuale.
Eccellenti gli attori sulla scena, che dominano esperti l’equilibrio di una polifonia senza voci soliste, restando concentrati sul filo di tutte le linee narrative per svilupparle in una tessitura armonica. Ad ogni attore spetta l’interpretazione di almeno due personaggi. Susanna Cantelmo, generosa nel registro comico, passa con versatilità dal ruolo di sposa titubante a quello di madre apprensiva; Massimo Ceccovecchi, magnetica presenza scenica, è l’amante passionale e scomodo, e il figlio perfido; Giorgio Rosa, comicità istantanea e folgorante, è un misterioso importuno e un ruvido officiante; Emanuela Cesarini fluttua con brillante agilità dai panni della “femme fatale” a quelli della psicoterapeuta; Renato Preziuso anima del suo umorismo surreale un perfido Babbo Natale e un fioraio arteriosclerotico; Gianluca Budini è vivacemente poliedrico a farsi sposo mediocre, animale stupido, figura d’appoggio ai suoi compagni di scena. E poi il settimo “attore” fuori scena, Daniele Marcori, il regista che governa occultamente la scena “inventando” i cambi di luce che a loro volta influenzano la trama; e anche l’ottavo protagonista, Marco Mariani, che al pianoforte improvvisa la “colonna sonora” della scena, anticipando i cambi emotivi col flusso musicale.
Gli spettatori ridono, applaudono a scena aperta, si godono la finezza inaspettata delle soluzioni sceniche. Poi domani sarà un’altra storia.
Visto il
09-10-2009
al
Galleria Toledo
di Napoli
(NA)