“Lonesome Cowboy”, presentato in prima nazionale ai Teatri di Vita, è la nuova creazione del coreografo svizzero Philippe Saire. Le atmosfere evocate dal coreografo ricordano gli ambienti desolati e dissacranti dello sperduto villaggio del west dove è ambientato l’omonimo film di Andy Warhol. Philippe Saire, uno dei più celebri esponenti della danza contemporanea, porta in scena un complesso intreccio di corpi e identità: sono uomini nudi, non solo fisicamente ma soprattutto emotivamente, nell’animo, alla disperata ricerca della propria identità, della propria più intima essenza.
Al centro dello spettacolo ci sono le molteplici sfaccettature dell’universo maschile, fatto di contraddizioni e contrasti: forza e virilità, ma anche tenerezza e fragilità, vanità e timidezza.
Il potente e intenso lavoro di Saire è diviso in 2 parti: nella prima sono in primo piano le dinamiche di gruppo, viene messa in scena la modalità in cui sei uomini, sei danzatori interagiscono tra di loro in una situazione collettiva. La prima coreografia è di gruppo, evoca la dimensione militare, sportiva, ludica e affettiva: nascono figure rudi, di scontro, di trasporto e distanza, di confusione nel gruppo e di ritorno alla propria intima solitudine.
La seconda coreografia, invece, indaga il rapporto tra due uomini: emergono le tensioni più intime e profonde della natura maschile, dalla conflittualità al forte, e a tratti doloroso, bisogno interiore di appartenere a un gruppo, di fondersi e confondersi in esso e allo stesso tempo di emanciparsi dalla nuova entità che si è creata, per affermare la propria identità personale.
Il lavoro di Saire è un’analisi dettagliata, minuziosa, della dimensione intima e privata dell’essere maschile, ma al contempo è un’analisi che assume tratti collettivi e sociali, attraverso il linguaggio universale della danza.
Ciò che accompagnerà l’uomo per tutta la vita è la paura dell’abbandono, un sentimento ben radicato nell’animo umano che trova le sue radici nel ricordo atavico della separazione dalla madre, con cui aveva una relazione simbiotica: in quel momento l’essere umano diventa realmente solo e inizia a percepire questo senso di abbandono e di solitudine.
La creazione di Saire è caratterizzata da una forte partecipazione emotiva, facendoci percepire dei continui rimandi all’omonimo film del 1968 di Andy Warhol: i rapporti teneri, intensi, erotici dei personaggi, in uno sperduto villaggio dell’Arizona, i loro giochi sessuali, i loro travestimenti, il loro modo di dissacrare tutto, i valori religiosi, i comportamenti perbenisti – si alternano desiderio, esperienze carnali e ricerca della propria identità sessuale.
In scena si susseguono sei straordinari danzatori, Philippe Chosson, Pablo Esbert Lilienfeld, Matthleu Guénégou, Mickael Henrotay Delaunay, Richard Kaboré, Mike Winter e Luci Laurent Junod, che ci regalano una performance tecnicamente impeccabile, ma allo stesso tempo intensa, vibrante, toccante.
Le due coreografie rappresentano due facce della relazione maschile: l’emozione che traspare è sempre trattenuta, controllata e crea continuamente situazioni nuove, sviluppi che appaiono inevitabili. Nel lavoro di Saire emergono innumerevoli riferimenti, da “Massa e potere” di Canetti, alle foto di studio del movimento di Muybridge, dal celebre film di Kubrick “Full Metal Jackett” ai testi della scrittrice femminista Badinter.
I corpi sono in fluire, si esplorano ed esplorano lo spazio, di rado si lanciano in una danza pura, piuttosto rielaborano e stilizzano movimenti quotidiani. Il fluire dei corpi incide sullo spazio, che più che un luogo reale è un luogo mentale, in divenire: si alternano sentimenti di cameratismo, attrazione sessuale, aggressività, affetto, senso di gruppo e di appartenenza, solitudine, affermazione di sé e ricerca di solidarietà.
Il corpo di Saire è un corpo invaso e invadente, prorompente, dominante e dominato, un corpo enfatico, quotidiano, senza gioia o slanci, con poco sentimento.
Con linguaggi e modalità espressive differenti le due coreografie, quella collettiva e il passo a due, riescono a rappresentare le contraddizioni e le singolari sottigliezze del mondo maschile attraverso lo sguardo e la sensibilità artistica di uno degli esponenti più interessanti e vivaci della scena della danza contemporanea.