Macerata, teatro Lauro Rossi, “Macbeth” di William Shakespeare, elaborato da Le belle bandiere
OMBRE TRA IL REALE E IL POSSIBILE
È possibile parlare bene di uno spettacolo a cominciare dalle luci? Sono sicuro di sì, se le luci sono queste, splendide, emozionanti, incredibili, progettate da Maurizio Viani.
All’inizio il rito delle streghe si compie intorno a quello che sembra un fuoco e che poi si scopre essere un proiettore che via via si alza fino ad illuminare tutta la scena. L’atmosfera cambia in ogni momento, ma rimane sempre notturna, con ombre allungate, fantasmi di quelli che potrebbero (forse vorrebbero) essere uomini, con colori indecisi e mutevoli che vibrano e sfumano ad ogni alito di vento, ad ogni respiro dell’uomo. Ombre tra il reale e il possibile.
Con pochi elementi di scena (quattro panche, sei sgabelli, un trono che al tempo stesso è elemento qualificante il potere ma anche sedia di tortura) e affascinanti costumi in maggioranza neri (bellissimi cappotti di stoffe diverse, ma a contrasto lady Macbeth, vera dark lady dell’azione, è vestita di bianco) la Compagnia mette in scena uno spettacolo suggestivo ed inquietante, che non concede nulla a facili stereotipi, procede per sommi capi sul testo shakespeariano con immagini rarefatte e poetiche (la figura di Ecate, tra le tante, e il suo ruvido linguaggio dell’est) e musiche appropriate. L’originale non è snaturato, ma ne vengono privilegiati alcuni momenti, senza perdere di vista il senso dell’insieme, per arrivare a un vuoto inesorabile, quello espressione di un mondo che ha perso ogni valore.
Indubbiamente oggi viviamo un momento intessuto di menzogne, dove la verità deve travestirsi da bugia oppure da sogno per continuare ad esistere: fino a che siamo d’accordo e consapevoli del registro utilizzato, allora la comunicazione riesce; il problema sorge quando ti stanno raccontando bugie e tu stai ascoltando credendo che siano sogni che diventano realtà. E se davvero le parole sono verità che si trasformano in bugie a seconda della coscienza e della volontà di chi le ascolta, allora a che serve parlare? Ha ancora un senso credere alle parole degli altri? E allora rimaniamo così, in attesa di tempi che di certo torneranno, in cui sarà ancora possibile credere nella forza delle parole. Non solo a teatro. Non solo nei libri.
All’inizio gli attori sembrano commedianti dell’arte che fanno anche musica, poi la rapida ed inquietante trasformazione in streghe, simbolo forse di tutti quegli esseri un poco al margine della società, fino a diventare un coro che assiste all’azione concepita da lady Macbeth.
Lo spettacolo (prodotto da Le Belle Bandiere, in collaborazione con la Provincia di Macerata, l’Amat, il Comune di Russi ed il Centro teatrale bresciano) funziona anche per merito degli attori che lavorano con i sempre bravi Elena Bucci e Marco Sgrosso, tutti convincenti: Vladimir Aleksic, Gaetano Colella, Marco D’Amore, Andrea De Luca, Massimo Di Michele e Roberto Marinelli, il quale è mio conterraneo e ha la voce di un bellissimo colore cupo e brunito (dovrebbe fare il doppiatore, tra l’altro). Sottolineo che è marchigiano perché le Marche sono la regione con la più alta concentrazione di teatri storici al mondo ma, al tempo stesso, una terra che ha dato i natali a pochi attori, una terra schiva e appartata, a cui piace restarsene in disparte, come i pochi abitanti rimasti nelle sue vallate. Che non hanno alternative. Ombre tra il reale e il possibile.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 15 novembre 2005
Visto il
al
Galleria Toledo
di Napoli
(NA)