Prosa
MACCHINE

Il peso della carne e dei suoi meccanismi

Il peso della carne e dei suoi meccanismi
È fin dalla sua nascita, nel 2003, un percorso improntato alla ricerca e alla sperimentazione, quello portato avanti dalle Scimmie Nude, compagnia teatrale guidata dal regista Gaddo Bagnoli, consacrata dallo spettacolo “PauraEDesiderio”, presentato con successo al Festival di Napoli. Un percorso fatto di discussione, indagine, autoironia. Un tracciato che si distacca dal un iniziale confronto con i classici e diviene, proprio con “PauraEDesiderio”, autonomo e personale. Il perno della ricerca è l’uomo, osservato, analizzato e studiato nei suoi comportamenti, nelle sue pulsioni, nelle sue azioni e i suoi pensieri. Nasce così l’idea di progettare e mettere in scena una trilogia sulla scimmia nuda: l’essere umano. Il primo lavoro vedeva come perno motore e nucleo la fisarmonica emotiva che l’uomo compie tra la gioia del raggiungimento di un obiettivo desiderato e la successiva perdita di felicità e sicurezza causata dalla paura di poter fallire. “Macchine. Sinfonietta per corpi e voci” mette invece al centro il meccanismo di azione-reazione che l’uomo ha nei confronti di se stesso e del mondo circostante. Una scena essenziale: un rettangolo di prato che definisce un perimetro e una panca-cassa di plexiglas, unico spazio definito. Sul perenne, essenziale ed elegante sfondo del paradosso di un prato palesemente artificiale, si muovono tre figure. Ci mostrano come i loro corpi reagiscano a pensieri e sensazioni, prima tra le quali quella della costrizione. “L’anima soffre il peso della carne”. Il corpo appare come una prigione, un confine che limita le possibilità, una scatola che ci costringe ad una dimensione esigua, un “minuscolo spazio vitale”. Il corpo è una macchina: deve essere nutrita, deve essere utilizzata per non grippare, produce scorie, ma soprattutto – come effetto base - produce energia. I bravissimi Claudia Franceschetti, Marco Olivieri e Andrea Magnelli, elastici e ironicamente espressivi, ci trasportano in una panoramica sulla nostra gestualità, il nostro linguaggio fisico: dall’affetto alla rabbia, dalle curiosità sessuale ai bisogni primari. Dalla percezione degli odori all’attrazione; dal sonno alla superstizione. Un’analisi precisa e intelligente sulle reazioni muscolari alle continue oscillazioni tra accettazione e rifiuto, tra gradimento e avversione. E per quanto i movimenti non siano quelli artificiali propri di un meccanismo robotico, lo spettacolo è esso stesso una macchina, puntuale e impeccabile: in un’alternanza tra improvvisazioni ed esercizio coreografato, i corpi si muovono reagendo in modo preciso a precisi stimoli, in sequenze che slittano una nell’altra senza soluzione di continuità. Si ride - e molto anche, fino a quando tutto si rivela per quello che è, inesorabilmente, in un vortice grottesco verso il basso: la vita appare – ma siamo costretti alla sola supposizione - altro da quello che ci è concesso di vivere, proprio perché il corpo e i meccanismi biochimici che esso si trascina incollati addosso ci incatenano ad una dimensione che ci schiaccia a terra. “Ci si abitua a morire, poco a poco, in silenzio”, senza poter uscire mai, in nessun caso, dal perimetro artificiale e meccanico che ci è stato messo addosso nascosto sotto a uno strato di pelle.
Visto il 09-01-2010
al della Contraddizione di Milano (MI)