Lirica
MADAMA BUTTERFLY

Il pubblico non si stanca mai di Madama Butterfly

Madama Butterfly
Madama Butterfly

Non si può negare che Madama Butterfly sia molto amata dal pubblico del Teatro Verdi di Trieste: nonostante ben quattro edizioni nel passato ventennio.

Non si può negare che Madama Butterfly sia molto amata dal pubblico del Teatro Verdi di Trieste: nonostante ben quattro edizioni nel passato ventennio - l'ultima nel 2004 – anche queste nuove recite del capolavoro di Puccini hanno sempre visto il pienone. Vero è che trova una edizione nuova di zecca affidata questa volta ad Alberto Triola che, con la collaborazione alla regia di Libero Stelluti, ha impostato una drammaturgia stringente ed intensa, dalla quale scaturisce uno spettacolo commovente, intriso di finissima poesia.

Una regia attenta e intensamente drammatica

Mai una caduta di tensione, tenuta sempre altissima sia per la vigile cura della recitazione, sia per la scelta di legare insieme II e III atto, sia per tanti forti espedienti scenici, come il fascinoso gioco di tante lampade di carta che salgono e scendono durante il duetto d'amore, a disegnare un cielo stellato che la giovanissima Cio Cio San pare scoprire – insieme all'amore - per la prima volta. O come il sorprendente il coro a bocca chiusa, cantato da misteriosi ectoplasmi cinerei; o la travolgente la scena del suicidio consumato dietro una parete translucida, con una rapida zoomata che serra la nostra visuale. La chiave è ridurre tutto all'essenziale, senza sacrificare le emozioni.

Così anche Emanuele Genuizzi e Stefano Zullo impiegano minimali e nitidi tratti scenici, in pratica una serie di pannelli mobili ad offrire l'immagine di un Giappone ideale ed assai poco esotico, reso più vibrante dal light design di Stefano Capra. Niente kitsch, dunque. Neppure nei bei costumi di Sara Marcucci, sobri di colori e dal profilo rigoroso.


Buon parterre di voci

Una qualsiasi Madama Butterfly sta in piedi solo se c'è una forte interprete. Classico soprano lirico drammatico (o 'spinto', che dir si voglia) si mostra l'armena Alena Aleksanyan, che l'eroina pucciniana, debuttata nel 2014 a Colonia , l'ha portata poi in molti teatri fra cui La Scala e, appena due mesi, fa il Comunale di Firenze. Il perché di tanto successo si rivela quando entra in scena: il suo è un personaggio dolcissimo e palpitante, dalla gestualità eloquente però mai leziosa, mentre il canto scaturisce con dolcezza, con un fraseggio spontaneo, le giuste inflessioni, i giusti colori. E se la configurazione vocale in sé ha qualche limite nei centri poco espansivi, nel complesso viene amministrata con buona accortezza. Il ruolo di Pinkerton ben s'addice alla fisicità di Piero Pretti: spavaldo, irruente, scenicamente autentico attraverso una vocalità espansiva, persino prodiga, dagli acuti agevoli e fiammeggianti. Il piano stile conversativo richiesto al console Sharpless non trova invece talora corrispondenza nell'esuberanza e nella generosa colonna di fiato di Stefano Meo che nondimeno – sapendosi condurre abilmente in scena - si è guadagnato il pieno consenso del pubblico. Fatto non frequente, Suzuki capita nelle mani di un'interprete adeguata ed intelligente, Laura Verrecchia; Goro è abilmente disegnato – in voce e in recitazione - da Saverio Pugliese. Tra le valide parti di fianco emergono Fulvio Valenti, Zio Bonzo, e Dario Giorgelè, Yamadori. Ottima prova del Coro, preparato da Francesca Tosi.


Direzione assolutamente esemplare

Abbiamo grande stima di Nikša Bareza, direttore di lunga esperienza. Confermata anche stavolta da una concertazione ammirevole, nella quale emerge un ben profilato piano drammatico, e dove strumenti e voci trovano un equilibrio perfetto, stimolandosi a vicenda nello scambio d'emozioni. Sotto i suoi comandi l'orchestra del Verdi suona al pieno delle sue potenzialità – vedi la veemente apertura del III atto – facendo emergere ad ogni passo un'esplosione di nuances, un fiorire di dettagli e di colori, di sottili giochi dinamici – certi bei pianissimo, certi crescendo non li sentivamo da tempo – con scelta di tempi asciutti, lontani da ogni estenuata languidezza.

Visto il 14-04-2019
al Verdi di Trieste (TS)