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NOVECENTO

Novecento: Corrado D’Elia balla la musica di Dio

Novecento: Corrado D’Elia balla la musica di Dio

Era inevitabile che Novecento e Corrado D’Elia si incontrassero: il monologo di Baricco accompagna quel progetto di rinnovamento teatrale che il fondatore del Circuito Teatri Possibili persegue da quindici anni, facendone il suo caposaldo e percorrendo l’Italia con produzioni continue. Mentre il suo lavoro viene ripagato con premi importanti (è di poco fa il comunicato dell’ultimo riconoscimento ottenuto con il "Premio della Critica 2010") l’attore e regista milanese torna a calcare un palcoscenico a lui noto, quello del Belli trasteverino, per mettersi in gioco ancora una volta, con uno spettacolo che gira ormai da tre anni.

Si presenta dunque da solo sul palco, vuoto non fosse che per quegli enormi tasti di pianoforte che, da semplici assi verticali, si trasformano in una magia musicale sotto la luce di piccoli faretti a terra. Un seggiolino da pianista, sagomatori bianchi e un accompagnamento luminoso segnano i passi e il respiro delle parole, che raccontano un’intera vita, anzi due. D’Elia infatti, fedele al monologo pensato dall’autore, non sceglie per sé il ruolo di Danny Boodmann T. D. Lemon 'Novecento', il protagonista, l’artista ineffabile che non è mai sceso dalla sua nave, ma quello di Tim Tooney, l’amico fidato e discreto, che per sei anni accompagna con la sua tromba l’incredibile storia del Pianista sull’Oceano.
È su questa scelta, sulla voce arrochita per l’occasione, le spalle incurvate da una vita ormai tutta vissuta, che, con un trasformismo che gli è consueto, l’interprete modella il corpo, la voce, ma soprattutto le emozioni che giacciono sopite in attesa di esplodere. Sono questi le parti più riuscite, quelle dove la poesia e il fascino del racconto trovano la loro dimensione più vera in un’interpretazione misurata, che poco concede a un istrionismo connaturato, per ritrovare in accenti più sommessi una profonda comunione tra le parole, le mani nervose, gli occhi socchiusi che non possono che catturare, imprigionare e commuovere lo spettatore. Complici armoniose e potenti come sempre sono le note di Nyman combinate con i passaggi delicati di Allevi, che sottolineano i momenti più sofferti, amati, mentre altrove echeggiano gaie e accattivanti note di ragtime e blues.
La scena della tempesta, con il pianoforte, ridotto a piccolo cubo luminoso, che balla sulla mano dell’interprete, o i passaggi più importanti dell’amicizia e dell’addio finale tra Tooney e ‘Novecento’, con l’ultima esibizione insieme, sono da manuale. Fa piacere ritrovare l’anima vera del teatro del regista milanese, che si veste di toni moderni e veloci, ma senza dimenticare mai la profondità e le infinite sfaccettature dell’animo umano e delle sue complesse relazioni.
Altrove invece D’Elia ritrova toni più marcati, concedendosi qualche licenza nel caricare le parti più briose del testo baricchiano, e strizzando spesso l’occhio al pubblico, secondo una naturale interazione con gli spettatori. Il personaggio dello sfidante nel duello a colpi di pianoforte, Jelly Roll Morton, diventa di fatto poco più di una macchietta destinata a suscitare riso, mentre sicuramente più ponderata ma non meno personale è stata la scelta di sfocare leggermente il personaggio di ‘Novecento’, che viene quasi interamente “raccontato”, non fosse che per pochi brevi interventi (indimenticabile il monologo finale), accentati con una curiosa voce sottile, quasi da bambino.

Visto il 18-05-2010
al Belli di Roma (RM)