Prosa
OEDIPUS REX

Oedipus Rex, la tragedia in versione bilingue

Oedipus Rex, la tragedia in versione bilingue

Al Festival di Spoleto il Teatro Vakhtangov in collaborazione con il Teatro Nazionale greco porta in scena Oedipus Rex. Con un cast bilingue, Rimas Tuminas firma la regia di questa sperimentale tragedia sofoclea. Nel Teatro Romano, un allestimento apparentemente scarno accoglie il pubblico. Sul palco, poche sedie, qualche elmo ed un imponente cilindro rovesciato lasciano il tempo di godere dell'anfiteatro quasi si fosse ad una visita guidata.

Ma superata la piacevole sensazione di visitare un altro sito storico, lo sguardo torna sulla scena. E la curiosità mista a stupore iniziano a delinearsi. Il fondale non è quello naturale dell'anfiteatro ma è ricostruito artificialmente con una precisione che inganna la realtà. Il cilindro diventa altro, diventa la Tebe devastata dalla pestilenza, una città fantasma. Si abbassano le luci e fanno ingresso i personaggi, che fissano il pubblico con aria interrogativa. Saranno Antigone ed Ismaele a rompere il silenzio con le loro risa da bambine mentre giocano a mosca cieca, un momento di ilarità che traccia già la sorte di chi prenderà parte alla storia.

Gli attori, I protagonisti assoluti nelle mani di Tuminas
La geometria degli attori, così si può definire la regia della tragedia greca vista dal regista lettone, il dramma che non lascia nulla al caso seppur di caso quest'opera tratta. Edipo è un uomo sicuro di se e sembra ben lontano dal personaggio tracciato da Sofocle. In apparenza l'unico che sembra fuori ruolo rispetto al resto del cast. Ma Tuminas ci regala il colpo di scena, affiancando ad Edipo un soldato presente costantemente in scena, che si rivelerá alla fine la sua proiezione infanzia negata, tanto cara a chi ravvede in quest'opera il complesso psicologico di soggezione nei confronti della madre/Giocasta.

La funzione del coro quale strumento della conoscenza di sé
Nel teatro contemporaneo l'importanza del coro passa sovente in secondo piano rispetto al filone narrativo. Tuminas lo celebra invece, consegnando di nuovo alla tragedia classica le chiavi per condurre lo spettatore alla conoscenza di se stesso. Lo fa attraverso il lavoro del coro classico senza lasciarsi intimorire da una tradizione che il teatro russo non ha, riportando al teatro, a questo tipo di teatro, la possibilità di cambiare la società attraverso la parola, denudata fino al profondo, superando addirittura i concetti di fato e conoscenza. Un modo di fare teatro quello di Tuminas che a noi manca, in parte per la superficialità con la quale ci si approccia a questa arte e dalle volte per mancanza di possibilità date a queste forme di sperimentazione che richiedono investimenti più cospicui. Oltre la spettacolarità l'attore è un uomo, che non smetterà mai di cercare e di cercarsi in questa scatola magica così antica è piena di possibilità ossia il palco. Peccato che questa consapevolezza nel teatro italiano sia assente ormai da molto tempo.

Visto il 14-07-2017
al Teatro Romano di Spoleto (PG)