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ORPHEUS

Orpheus, o del teatro essenziale

Orpheus, o del teatro essenziale

Migliori coreografie” e “Miglior Spettacolo”, più il Premio Speciale “Sofia Amendolea”: questo il bottino che nella serata di premiazione dell’Ottava Edizione del ROMATEATRO Festival, lo spettacolo Orpheus, messo in scena dal teatro-laboratorio “Alma Alter” dell’Università di Sofia per la regia di Nikolay Georgiev, si è portato a casa.
Con una prestazione di altissimo livello, che affianca gli altri nove spettacoli andati in scena durante la Rassegna svoltasi presso i teatri Furio Camillo, Sala Uno e Grande Eliseo, la performance dei giovani studenti della scuola bulgara conferma quelle caratteristiche di sperimentazione, integrità e versatilità che hanno contrassegnato dalla sua nascita l’organizzazione del Festival, dedicato alle scuole di teatro d’Italia e d’Europa.

Orfeo trae dall’ispirazione mitologica che vuole il poeta come espressione dell’umano e del divino insieme, una simbologia in cui la parola proferita, e il corpo, avvinti dalla danza e dal canto, diventano il Canto dell’Uomo inteso come conciliazione e conflitto degli opposti: l’Io e gli Altri, il Dio e la Follia diabolica, la Domanda e la Risposta, il Viaggio e la Ricerca.
È una composizione potentissima in cui i giovani attori si esprimono per lo più in inglese e coinvolgono il pubblico nella personale 'Quest' che porta Orfeo a interrogarsi dapprima su di sé, sul proprio passato dalle oscure profezie, e poi a rivolgere lo sguardo all’umanità tutta, all’amore che lo spinge fino al Mondo di Sotto, gli Inferi, per rincontrare Euridice. Parola, danza, suono e corpo diventano un’onda possente e continua che lascia dietro di sé tante domande, momenti di divertita riflessione insieme agli spettatori e soprattutto dà modo di assistere a una performance in cui il teatro inteso come “teatro povero”, secondo la concezione grotowskiana adottata dall’università di studi bulgara, si esprime al meglio, e i suoi giovani interpreti affrontano con naturalezza e preparazione ammirevole le tavole del palcoscenico, che vibrano sotto una carica di energia straordinaria.
Lasciata da parte la concezione europea, stanislawskiana, dell’intenzione, del pensiero sotto il testo, si ritorna con questa pièce a quel lavoro sull’attore inteso come Attuante, performer, individuo capace di coniugare in sé il gesto primario con l’anima nascosta delle cose e delle idee. Un po’ come Orfeo insomma.

Visto il 12-06-2010
al Sala Uno di Roma (RM)