Danza
OTELLO

Fabrizio Monteverde torna con una nuova versione dell’Otello

Fabrizio Monteverde torna con una nuova versione dell’Otello

Fabrizio Monteverde torna con una nuova versione dell’Otello (essenzialmente su musiche di Antonin Dvoràk), in cui rivisita il testo shakespiriano lavorando soprattutto sugli snodi psicologici che determinano le dinamiche dei rapporti, quanto mai ambigui e complessi, nel triangolo (mai equilatero) Otello-Desdemona-Cassio, dove i tre vertici risultano costantemente intercambiabili. Per chi conosca gli sgargianti fotogrammi fassbinderiani, risulta chiara l’ambientazione in un moderno porto di mare così come il richiamo alla diversità di Otello, lo straniero, abituato ad altre regole del gioco. La banchina di un porto è una zona franca, un limbo, un coacervo di diversità, un continuo brulicare di espressioni dell‘umano, dove lo straniero, il diverso, sono e non sono. La presenza del mare è forte e suggerisce i moti delle passioni, tempestosi e ingovernabili, passaggi progressivi in territori proibiti.  Monteverde elabora una lettura provocatoria ed eccessiva, anche forzando ed enfatizzando le musiche di Dvoràk, che fungono spesso da contrappunto ironico all’azione coreutica. Due elementi sono centrali nella traduzione coreografica dell’opera: la repentinità della tragedia che colpisce Desdemona e Otello, e un forte sentire delle passioni, l’amore come l’odio. Otello è una tragedia prevalentemente immersa in una atmosfera notturna, che perde quasi subito la dimensione pubblica per restringersi a dramma personale, dominato da sottili e inestricabili dinamiche psicologiche, innescate dall’uno e subite dall’altro. Gli accadimenti esterni non incidono sulla tragedia, e la prospettiva offertaci dalla narrazione di Monteverde va considerata una lettura soggettiva, con tempi dettati dal repentino mutare dello stato d’animo, dal tarlo del dubbio, dal furore dell’odio e dalla dolcezza della passione amorosa. Per l’acuta descrizione della psicologia dei suoi personaggi, è comprensibile che Otello abbia attratto, nel teatro di danza, quegli autori che sostengono che la danza ha tutta la forza di rivelare i segni oscuri e gli impulsi dell’animo umano. Questa drammatizzazione coreografica di Fabrizio Monteverde, ormai considerato un maestro del dance-drama post romantico, trasporta la storia di Otello in un’atmosfera irreale, dettata da un tempo interiore e da una lettura introspettiva, nella quale si insiste sull’inafferrabilità dell’ altro-da-sé e sull’impossibilità di conoscere veramente e completamente l’altro. Nel suo primo incontro con la tragedia shakespeariana  nel 1994 per il Balletto di Toscana,  Monteverde aveva esplorato la complessa geometria di sentimenti e relazioni. A distanza di anni (e con un altro incontro con Otello, quello di Verdi) il coreografo ha scelto di tornare nuovamente a elaborare una coreo-drammaturgia, amplificando e sottolineando la triangolarità delle dinamiche emozionali, erotiche e psicologiche che converge su Otello, la estraneità, ma anche approfondendo aspetti poco rappresentati, come la figura di Cassio. Il postromanticismo di Monteverde  getta Otello, Desdemona, Cassio e lago entro una geometrica rete di rapporti, pulsioni e emozioni senza mediazioni. Monteverde riscrive una tragedia alternativa.   “Il gioco – dichiara Monteverde - è quello di svelare il sentimento che si cela dietro la ragione”. Quando l’enfasi musicale può sembrare eccessiva, al coreografo serve per dare spazio allo sberleffo amaro, al distacco ironico. La visione di Monteverde è incentrata sulle figure maschili, come sottolineano i diversi passi a due – o a tre, gemme preziose . A Desdemona, interpretata da Claudia Vecchi, in scena quasi esclusivamente insieme a Otello, è lasciato solo uno splendido assolo, dedicato alla perdita del fazzoletto. Durante i momenti d’insieme risaltano i costumi, che creano effetti di luce, di linee e di forme: sembra quasi che il corpo di ballo si moltiplichi, e l’impressione visiva è molto accattivante. La scenografia è pressoché scarna, i ballerini stessi diventano elementi di scena. Per concludere Monteverde stupisce e le grandi capacità tecniche ed espressive del corpo di ballo valorizzano un lavoro coreografico già prezioso nel suo continuo equilibrio tra tradizione e originalità. Questi ballerini precisi e appassionati  hanno trasformato la tragedia del moro di Venezia in un canto struggente.

Visto il 19-02-2011
al Comunale di Ferrara (FE)