L’anno scorso li avevamo visti alle prese con un giallo psicologico dalle sfumature indefinite, buon debutto di una scrittura e di un’ideologia teatrali propositive e originali. Quest’anno la compagnia del Bluebox Project con il suo regista, Sergio Lo Gatto, si concede un’incursione nel territorio della commedia tout court, sia pure sempre con risvolti un po’ ’dark’.
Un nuovo genere di introspezione analitica, diciamo pure di analisi del grottesco, caratterizza la simpatica follia di Pater Familias, commedia che, mentre strizza un occhio ai format televisivi di sicuro impatto, come C.S.I, dall’altro ci dà modo di conoscere due svitatissimi e irresistibili “agenti federali” che, nel loro specifico dipartimento di indagine comportamentale, vengono incaricati di stilare il profilo del presunto omicida per un ”duplo”, un doppio caso di omicidio appunto.
Importa poco in verità di sapere chi abbia ucciso a coltellate una sventurata ragazza e infierito poi sul corpo della madre, in fin di vita, anche se molto si sospetta dello stesso padre e marito, pure lui uscito malconcio. La particolarità della drammaturgia di Lo Gatto consiste nel catapultare lo spettatore in un universo alternativo di fantasiose supposizioni, smentite, ricostruzioni accurate e subito bocciate come errate dei nostri due eroi, parcheggiati in un ufficio che pare una via di mezzo tra un sotterraneo, con tanto di improbabili neon, un magazzino e uno studio simile ai loft newyorkesi.
È una strategia studiata con attenzione che, unita ai tempi corti dei dialoghi esilaranti e surreali, cattura senza fallo lo spettatore, che si lascia andare a questo divertissement leggero e fantasioso, calato in un contesto attuale, ma ugualmente proiettato verso spazi più ampi, popolati di fantasie e possibilità. I due protagonisti da un lato vengono dotati di tutte le specifiche da sempre attribuite al loro ruolo, soprattutto in ambito americano e internazionale – il poliziotto sagace e cinico contro la recluta inesperta ma non priva di astuzia – e dall’altro incarnano un immaginario comico sofisticato, per cui, se le battute vengono ritagliate su scene di vita quotidiana, con specifici riferimenti all’efferato caso in corso di studio, si assiste peraltro a una progressiva trasformazione da parte dei due esperti che paiono identificarsi e con gli assassini e con le vittime, in un divertente gioco a rimpiattino che tale rimane fino alla fine.
Ottime le prove di Angelo Tantillo e Giulio Pierotti, i due stralunati agenti Sandeval e Alvarez, che si divertono e ci divertono alternando con precisione i tempi della commedia, entrando e uscendo costantemente dai loro personaggi e da tutti quelli che vanno creando nel corso delle indagini. Illuminata anche la scelta della regia di affidare un ruolo “invisibile” a Susan El Sawi, che di volta in volta offre da dietro le quinte tutti gli aiuti possibili alle fantasie create dai due investigatori, ritagliandosi una comparsata finale, nei panni di un Tenente anch’esso dalla dubbia identità.
Giovani compagnie crescono.
Visto il
31-03-2010
al
Dell'Orologio - Sala Orfeo
di Roma
(RM)