Prosa
PELI

L'intelligenza del testo

L'intelligenza del testo

Peli racconta dell'amicizia tra due donne, Melania e Rossella, un'amicizia ingessata dalle convenzioni e dalla morale borghese.

Una morale che paradossalmente impone alle due amiche un aplomb che fa dissimulare i sentimenti a entrambe, imponendo loro di introiettarli  come, di solito, lo stereotipo di genere chiede all'uomo di fare.

Mela è vedova, ancora terribilmente innamorata del marito Neri, Rossella è sposata a un uomo che non ama.

Le due amiche si fronteggiano dietro le carte da gioco.

All'inizio i dialoghi sono ellittici e ci fanno capire poco.

E' l'effetto della schermaglia dietro la quale entrambe si nascondono.
Mela vuole stanare l'amica che conosce dai  tempi di scuola, facendola finalmente parlare, Rossella spera di continuare a nascondersi dietro l'apparenza borghese nella quale si è barricata con un silenzio assordante.

Un'apparenza che l'ha indotta a modificare il proprio corpo con degli interventi di chirurgia plastica che Mela le rinfaccia di non avere nemmeno il coraggio di ammettere.

Man mano che il testo procede comprendiamo le relazioni familiari e amicali di entrambe. La messa in memoria di Neri, il figlio  di Rossella che lavora grazie alla figlia di Mela. Le amiche in comune, i loro mariti.
Un quadro di relazioni familiari e amicali  caratterizzate dal benessere materiale e spirituale.

Dietro le apparenze la realtà è però dolorosa e umanamente vulnerabile.

Nulla di eccessivo o mostruoso.

Nulla, nemmeno, di meschino o piccolo come ci ha abituato tanta, troppa, letteratura che per fare un J'accuse crede di dover sfociare nell'iperbole grottesca, o, peggio, criminale, finendo col confermare la morale borghese da cui cerca di prendere le distanze, compilando delle patologiche eccezioni che confermano la regola.

Nulla di tutto questo stavolta.

In Peli il j'accuse è contro l'apparenza borghese dietro la quale dissimuliamo sentimenti e i nostri limiti a saperli gestire.

A cominciare dalla filosofia dei peli, da cui il titolo, che, dice Mela, trova magari brutti negli uomini ma veri, criticando quelli che si depilano.

Un percorso elegante quello di queste due onne e amiche che trova già nel testo una indicazione di regia efficace e intelligente.

Le due donne devono essere interpretate infatti da due attori.
Una scelta che, sulla scena, all'inizio spiazza.
Spiazza perché propone un femminile, ingessato in un modo di vestire stereotipato (tailleur per entrambe, giro di perle per Rossella, occhiale da vista mobile per Mela, parrucche per entrambe).

Una femminilità affettata anche per via di una recitazione che cerca di adeguarsi al genere alzando la voce e ricorrendo a un linguaggio del corpo manierato, dove le confidenze tra le due amiche, anche quelle intime e corporali (i peti del marito defunto, un cunnilingus fatto dal cane cui accennano a inizio piéce prima in inglese e poi in italiano) rischiano di virare il focus della pièce dai due personaggi femminili verso il gusto camp di due uomini travestiti da donna.

Invece la scelta si (di)mostra in tutta la sua dirompente efficacia e necessità quando le due amiche, smesso l'aplomb delle convenzioni, litigano anche fisicamente strappandosi di dosso parrucche e vestiti e rimanendo nude, in slip, mostrando il corpo da uomo degli attori che le interpretano e che rimangono squisitamente in parte.

Solamente quando sono metaforicamente nude,  proprio come sono nudi i due attori che le interpretano, le due amiche riescono a parlarsi come non sanno fare da troppo tempo.

Mela vuole ritrovare la Rossella del liceo, quella che le ha insegnato tutto sul sesso e sull'amore, una Rossella che non c'è più da quando è stata lasciata da Giacomo, 30 anni prima, al quale la donna ha sacrificato sembra un'intera vita, sposandosi con un uomo che non ama, e al quale dà ancora la responsabilità per ogni sua difficoltà. Anche quella di non sapere accettare l'omosessualità del figlio che tortura con continue minacce di un suo possibile suicidio. 

Mela invece, dietro la disinvoltura della sua condizione di vedova serena nasconde una solitudine immensa dalla quale non sa uscire perchè chiedere le dà fastidio. Un legame quello col suo defunto Neri che nemmeno il  tradimento giovanile proprio con Rossella, del quale è sempre stata al corrente, è riuscito a minare.

Con un solo gesto la pièce fa spogliare i personaggi dalle convenzioni e dall'habitus sociale che si pretendono femminili, e ribadisce la rappresentazione di un dolore e di uno spessore esistenziale che è quello dei personaggi e non già delle interpreti.

Fossero state due donne a interpretare Mela e Rossella inevitabilmente il vissuto delle intepreti si sarebbe sovrapposto e riversato su quello dei personaggi, secondo la retorica dell'auto-immedesimazione.

Quando a interpretare due donne sono invece due uomini quello che emerge è l'afflato umano e donnano del rappresentato e non di chi rappresenta.

Peli parla di donne senza farne una questione di genere ma una questione di persone, di amori, di amicizie e di limiti umanissimi e universali.

Una riuscitissima quadratura del cerchio insomma alla quale regista e interpreti contribuiscono efficacemente cavalcando un testo niente affatto banale che ricorda a noi tutte che siamo persone non malgrado le nostre vulnerabilità ma proprio grazie ad esse nella misura in cui ce ne facciamo carico riconoscnedone  il peso, l'imbarazzo e il dolore.

Peli ci ricorda, metaculturalmente, che siamo persone prima ancora di quegli stereotipi di genere che la società ci dà per poterci esprimere e tramite i quali sentirci espresse ed espressi. E lo fa con una sincerità e un'eleganza disarmanti. E mentre lo fa non si dimentica di spaziare in un reticolo di coordinate culurali (Madame Bovary) e sociali (Rossella risponde a mela a un suo commento negativo sul linguagio da lei adottato commentando che oggi le perosne non si distinguono più per il lessico che usano...) che sanno dare aqueste due donne uno spessore che va al di là della loro mera esistenza.

Lo spettacolo è stato allestito e prodotto nell'ambito di La Provincia in Scena Nuove Drammaturgie in Scena a cura di Rodolfo di Giammarco Realizzato da A.T.C.L Ass.Teatrale fra i Comuni del Lazio e Provincia di Roma in collaborazione con Fondazione Romaeuropa e Palladium – Università Roma Tre una rassegna che ha permesso a nuove autrici e nuovi autori teatrali di vedere come funzionano sulla scena i testi che hanno immaginato e scritto.

Beh il testo di Carlotta Corradi funziona maledettamente bene!

 

Visto il 03-03-2013
al Palladium di Roma (RM)