Lirica
PELLéAS ET MéLISANDE

Milano, teatro alla Scala, “P…

Milano, teatro alla Scala, “P…
Milano, teatro alla Scala, “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy IL SILENZIO DELL’ANIMA Il sipario rosso si apre sui fiati cupi e sugli archi in filigrana, sul clarino sommesso, sul frullo delle arpe. Un altro sipario ritrae una scena di caccia con cani che azzannano un cervo. A lato del proscenio una poltrona di pelle, una testa d’alce, un fucile, mucchi di libri. Golaud canta seduto in poltrona, come se raccontasse, oppure sognasse, gli avvenimenti: il secondo sipario si apre e la storia prende vita, con acqua che per tutto il tempo scorre sul palcoscenico, a ricordare la liquidità della musica, la liquidità del mare, a ricordare il perenne movimento della vita e che la felicità non ha requie, quella felicità che forse davvero non esiste. Nei cambi di scena all’interno degli atti Golaud rimane in vista sulla sua poltrona e sfoglia il libro in cui si suppone che sia raccontata la storia. Pochi essenziali elementi scenici sottolineano il contesto, alcuni molto belli, come la testa liberty che ruotando diviene fontana o torre, oppure la vasca circolare dell’ultimo atto, oppure il bellissimo sipario “a pacchetto”. Peccato che ad alcune felici evocazioni si accompagnano altre idee registiche e scenografiche di Pierre Médecin che scadono nel ridicolo, su tutte Pelléas che dopo morto rimane ai piedi della fontana e poi rotola via senza motivo, oppure la scena della torre con le lucine stile festa di paese, oppure Golaud che si attacca alla bottiglia per dimenticare o liberarsi dai rimorsi. Nelle altre scene Médecin in modo appropriato toglie l’eccesso di gestualità a favore di un racconto simbolista, silenzioso. Splendida la direzione del Maestro Georges Pretre, a capo dell’orchestra scaligera con una nutritissima sezione di archi che hanno suonato a livello di perfezione. Ottimi i protagonisti: Jean-François Lapointe (Pelléas), Marie Arnet (Mélisande), François Le Roux (Golaud), Alain Vernhes (Arkel). Che l’opera non sia di facile ascolto è un dato di fatto, la musica minimalista priva di guizzi e motivi orecchiabili assomiglia a un poema in musica (musica che si contrappone alla magniloquenza wagneriana, all’enfasi melodrammatica tradizionale e alla forza del verismo), poca azione, un universo simbolista dove tutto è presentimento o sogno piuttosto che accadimento reale, la conclusione di Arkel secondo cui “l’anima umana è molto silenziosa”, ma questo non giustifica di certo il fuggi fuggi del pubblico durante l’unico intervallo. Incomprensione, noia oppure paura di percepire in modo tangibile un silenzio dell’anima che spaventa? Visto a Milano, teatro alla Scala, il 10 novembre 2005 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)