Prosa
PICCOLI CRIMINI CONIUGALI

Un noir travestito da commedia

Un noir travestito da commedia

Fedele a una penna estremamente prolifica nel 2003 Eric-Emmanuel Schmitt compone una pièce all’apparenza semplice e accattivante, “Piccoli Crimini Coniugali”, titolo di uno dei libri gialli scritti dal protagonista, Gilles Sobiri, da poco dimesso dall’ospedale per un incidente in cui ha perduto la memoria, ivi compresa quella della propria moglie, Lisa, con la quale ora tenta di ricostruire ricordi e avvenimenti in un sottile gioco di verità e menzogne.
La superficie lineare con cui si susseguono i dialoghi ora dolci, ora cinici dei due protagonisti si increspa ben presto in una miriade di sfumature in cui un complesso, per non dire inquietante rapporto di coppia comincia ad emergere, dove nulla è quello che sembra: “mi hai mentito, Gilles, non hai perso la memoria” “anche tu, Lisa, mi hai mentito:  nulla di quanto hai detto finora è vero”. Come recita la quarta di copertina del meta-libro che dà il titolo allo spettacolo “quando incontrate una coppia chiedetevi chi dei due sarà l’assassino”: così uno dei più promettenti drammaturghi moderni imbastisce un intreccio teso sul filo tra commedia e noir, ma dove le uniche vere vittime sono i sentimenti, o meglio il loro ricordo. Nella loro cattiveria, come nella loro disarmante fragilità, Gilles e Lisa sono il prototipo perfetto della coppia moderna, pronta a tradirsi e a tradire, come a perdonare e a rimettere tutto in gioco, così trasparenti nella loro indecifrabilità.

Carlo Dilonardo, il regista di questa versione teatrale, riesce a cogliere bene il primo livello di immediatezza e di velocità con cui la parte più superficiale dell’intreccio viene immediatamente posta davanti al pubblico, senza schermi o finzioni. Gioca bene in questo senso la scelta obbligata di far muovere i propri attori nell’esiguo spazio delle piccole Stanze Segrete, facendoli ruotare costantemente intorno all’unico tavolo disposto in mezzo al pubblico, circondati da pareti di specchi che rimandano sguardi, sfide e parole da una prospettiva all’altra. Tuttavia il regista non chiede molto di più, e non considera altre prospettive di analisi e approfondimento se non i naturali giochi di potere e di seduzione in una coppia che come abbiamo detto è invece costruita a più livelli e dove tutto sommato contano più i moti interiori dell’animo sottolineati dai silenzi e non dalle parole, spesso semplicemente ‘dette’ e non interpretate dai due attori – Alessia Cristiani e Carmine Balducci – che si immergono con generosità nel complesso universo schmittiano, ma possono sicuramente acquistare ancora in maturità ed esperienza nella loro interpretazione, che rimane appunto ferma a un livello più leggero rispetto a quanto chiederebbe il testo.

Visto il 18-01-2011
al Stanze Segrete di Roma (RM)