Danza
RE-PLAY

La danza o del racconto di un corpo.

La danza o del racconto di un corpo.

Un palco vuoto nel quale campeggia un'asta con microfono uno schermo sul quale sono proiettate le immagini del camerino dove un uomo si stra preparando. Le luci di sala sono accese, il pubblico prende posto distrattamente. Poi le luci si spegnono e al pubblico è chiesto di dare attenzione a quello che le immagini propongono.

L'uomo si è vestito, ha indossato una calzamaglia nera e una camicia lunga con dei volant su marsina e polsini. Poi una volta pronto si incammina verso il palco e appare in scena.
Afferma di essere Amleto recita alcuni versi de celebre monologo poi torna in camerino. Lo assistiamo cambiarsi, denudarsi, indossare un abito femminile lungo. Tornato in scena afferma di essere Pina Bausch.

Poi nega entrambe le identità e inizia a definirsi ballerino, danzatore disquisendo sulla parola che suona meglio in tedesco che in inglese in francese che in italiano.

Inizia così Re - Play di Antorio Carallo.

Re-Play cioè ri - giocati ma anche ri - recitati secondo la nota polisemia del verbo inglese.

Antonio Carallo interagisce con il suo pubblico dandogli molte chiavi di lettura mentre intraprende il racconto di un corpo e di una funzione.

Un corpo splendido, erotico, che Carallo non si fa pudore di mostrarci, senza ostentazione, anche nella sua nudità, quando si cambia di abito.

Un cambio che non avviene in scena ma nel camerino, allestito subito dietro il palco, al quale ha accesso una videocamera che ne coglie movimenti, commenti e li ripropone su uno schermo dal quale compare in scena prima ancora di essere sulla scena mentre il pubblico prende posto in sala.

Un ulteriore significato di quel prefisso moltiplicatore apposto alla parola play.

Il corpo di un danzatore che è Amleto e Pina Bausch o meglio, che non è né l'uno nell'altro, perchè il corpo è strumento interpretativo e non essenza, funzione di un racconto, esecutore di un movimento, di una coreografia.

Un corpo che appartiene a una persona che è sì danzatore ma che sa fare (o può essere anche) tante altre professioni non canonicamente artistiche che Carallo elenca con metodica precisione.

Carallo si muove fra queste coordinate private e biografiche - danzatore storico della Compagnia di Pina Bausch, ha collaborato anche con Jérôme Bel, Pippo Delbono, Alain Platel e Les Ballets C de la B - ri-visitando alcuni dei topoi del teatro danza contemporaneo tra citazioni dirette (My Way cantata da Pina Bausch) e indirette (il lavoro su Amleto di Jérôme Bel) e commenti autoironici - come quando dopo una performance da cubista, indossando solamente uno slip che ne evidenzia il sesso, come i ragazzi che si vedono nelle discoteche, finge di essere fisicamente provato - , proponendo una storia personale della danza che parte dal divertimento, dal mettersi in gioco e dal corpo che gli permette di essere e di fare, comunicando con il pubblico.

Un pubblico anche di non conoscitori che magri non coglie questa o quella citazione ma comprendono bene il senso di una ricerca, di una comunicazione tra artista - performer - danzatore e platea.

Una comunicazione e una ricerca intelligente, illuminante, laica e priva di dogmatismi.

Le continue domande che Carallo si pone, a cominciare da quelle amletiche per continuare con quelle sull'impegno e la coerenza (se uno ha intrapreso un percorso lo deve per forza portare a termine?) o sulla conclusione della performance, trovano sempre lo stesso divertito commento accompagnato da un sorriso, ma che domanda vado a fare.

Summa  e mesa in discussione di un percorso artistico, al contempo riassunto storico e progetto per il futuro, Re-Play di Carallo ammalia la platea per 45 minuti intensissimi e gai.

Un vero inno alla leggerezza, quella dello spirito, senza la quale nessun danzatore, anche il pi fisicamente dotato, riesce a muovere un passo.

Visto il 24-03-2013
al Palladium di Roma (RM)