“Una problematica della forma poetica è stata per me sempre connessa a quella più strettamente musicale, e non ho mai in realtà scisso le due discipline, considerando la sillaba non solo come nesso ortografico ma anche come suono, e il periodo non solo un costrutto grammaticale ma anche un sistema”: in Spazi metrici, Amelia Rosselli proponeva questa simbiosi fra suoni emessi e suoni pensati che corrispondeva anche al suo intimo proporsi al mondo esterno come poeta della ricerca, che verga un foglio soltanto quando sta inventando qualcosa di nuovo. In Salmo della gioventù, Concerto di versi ideato e interpretato da Sonia Bergamasco, questo viaggio nel mondo della poetessa viene costruito intorno al connubio con l’arte di Rodolfo Rossi, per il quale non a caso si scomoda il titolo di drammaturgia sonora.
Tale è infatti la proposta; quello che potrebbe immaginarsi come semplice reading, più o meno complesso secondo quanto ci si attende dall’affrontare un personaggio poco noto al grande pubblico, ma unico per caratteristiche emozionali e tecniche (dal suo plurilinguismo all’idea di fondere la lingua con l'universalismo della musica), viene reso in scena con la semplicità dei due mezzi primari, e con la complessità di alcune idee visive di effetto, che soltanto l’eleganza e la sapienza tecnica poteva mettere insieme per ottenere un risultato non scontato. Ed entrambe le cose sono state centrate.
Il guardinfante dentro cui si nasconde quasi subito la Bergamasco, dopo alcuni passi di introduzione, e dal quale emerge per restarci avvolta poi per l’intera durata dello spettacolo, racchiude questa immagine di essenza intelaiata delle parole lette con cambi, passaggi e salti di stile sempre molto indovinati, dando l’impressione di replicare, anche gestualmente, una struttura che appartiene al candido ed al folle insieme, all’emissione gutturale come al significante oscenamente crudo; e la pergamena che sfoglia in un continuum appassionante, riga per riga, al posto dei molti fogli che ci sarebbero voluti per arrivare al termine della lettura, è una modalità che si distingue e rende quasi giustizia all’idea di una vita, quella della figlia dell'esule antifascista Carlo, dai molteplici ingegni e dalla vita intensa che sfociò nel suicidio, proponendola come un senso uniforme, collegato dai fili del suo bisogno di scrivere.
Tutto questo viene non impreziosito, ma apertamente costruito intorno ad un disegno sonoro che diventa imprescindibile, e che si spende intorno alle percussioni acustiche ed elettroniche che talvolta accarezzano, altre invadono, altre ancora deflagrano, dialogando con i versi nella stessa loro lingua, con l’effetto notevole di esaltare le strutture metonimiche rosselliane, e facendo ricordare come già nello scritto battesimale pasoliniano del 1963, la sua poetica venne offerta all’incertezza di attribuzione fra vuoti e pieni, desideri e mancanze, i quali forse abbisognavano soprattutto di essere interpretati dai loro intimi suoni.