Non è facile far muovere venti persone, fra attori e attrici, sulla scena. Tante ne richiede Seguimi l'ultima fatica teatrale di Marco Marciani che le impiega per uno spettacolo il cui racconto, senza parole, si sviluppa visivamente.
Attrici e attori recitano solamente col corpo e col gesto, con lo sguardo e con l'intenzione.
Nonostante l'assenza di parole lo spettacolo rimane squisitamente nell'alveo del teatro di parola, presentandoci un racconto che non sfocia mai nell'astrattezza del teatro danza ma sviluppa un discorso narrativo.
Diplomati di fresco in un'accademia teatrale, i giovani e le giovani interpreti di Seguimi sanno dare allo spettacolo quello spirito di corpo che ne mostra la coesione e la reciprocità, rinvigorendo il significato più
autentico dell'aggettivo corale.
In scena prendono corpo situazioni diverse o simili, che ora si rimbeccano ora si contrappongono l'una all'altra, in una sinergia interessante, nel suo procedere e nei suoi sviluppi teatrali.
Cimentandosi in una vera e propria kermesse gli e le interpreti, si misurano con diverse situazioni narrative, sviluppate per quadri, senza soluzione di continuità, incalzati e incalzate da una musica up to date che più che avere una funzione esornativa, costituisce la fonte del ritmo col quale ragazzi e ragazze si muovono sulla scena.
Dopo una presentazione di gruppo - ogni interprete entra in scena scandendo sulle proprie labbra il titolo dello spettacolo - attori e attrici danno vita a un oceano di corpi umani dal quale, di volta in volta, emergono diverse presenze-personaggi, a metà tra le anime da girone dantesco e degli insetti, offerti allo sguardo del pubblico che osserva senza intervenire.
Tra impulsi onanisti, sigarette di hashish condivise e un comune senso di solitudine e disperazione che non accomuna veramente mai, Seguimi ci mostra una gioventù dedita al sesso e agli stupefacenti (e, curiosamente, non al consumo di alcool che, pure, proprio nella gioventù, vede una delle prime vittime dell'alcolismo), uniche coordinate esistenziali di una condizione giovanile che non trova altro modo di essere oltre la scoperta, l’incomprensione reciproca, la solitudine nella moltitudine, la violenza, l’amore, lo sballo, il sesso, la velocità, il voler superare i propri limiti, le urla di rabbia inascoltate come si legge nelle note di regia.
Delle note che tradiscono il punto di vista, in pericoloso bilico tra retorica e paternalismo, dal quale Marciani descrive i suoi personaggi.
Retorica perchè per quella giovanile ci viene presentata come problematica, una questione cioè da affrontare e auspicabilmente da risolvere, e non come uno stato dell'esistenza cui ognuna e ognuno di noi è passato o cui magari ancora si trova; paternalismo perchè, la gioventù che, si sa, i guai se li cerca, appare qui come una grana con la quale bisogna avere a che fare.
L'immaginario collettivo di Marciani sembra parlare la lingua d'emergenza della stampa italiana, molto più propensa a sottolineare uno scandalo sessuale o l'ennesimo incidente automobilistico che coinvolge i e le giovani, piuttosto che accennare alla mancanza di lavoro, o denunciare la scarsa scolarizzazione della nostra gioventù rispetto alle medie europee, o indicare anche altre problematiche giovanili, meno legate alla sfera personale e più a quella pubblica, come la ricerca di un successo facile e immediato, complice certa televisione, che invece di sottolineare l'impegno e la crescita fatta per piccoli passi, propone un successo immediato basato su doti naturali che abbisognano di poco esercizio.
Una gioventù che nello spettacolo è sempre avulsa da ogni contesto sociale vivendo di se stessa e per se stessa.
Se è vero che Seguimi è uno spettacolo teatrale e non un trattato di sociologia i cliché che Marciani impiega nello sviluppare i vari quadri si rifanno infatti a precise interpretazioni sociologiche (e ideologiche) che hanno il torto di esserci presentate non già come ipotesi interpretative della realtà ma come la realtà tout court.
Così nel primo quadro dedicato alla nascita (curiosamente tutte di bambine) i padri lavorano mentre le madri si dedicato tutte ai lavori donneschi di mussoliniana memoria, secondo una trita separazione sessista dei compiti familiari. I padri trascurano le figlie perchè lavorano o perchè costrettivi in quanto separati, mentre le donne siano esse madri o figlie hanno come fonte di denaro solamente l'uomo (come la filgia di un boscaiolo che sottrare il portafogli al padre con l'inganno...) mentre le madri trattano male le figlie perchè interrotte nei loro lavori domestici.
Anche se lo scopo di questo primo quadro è quello di mostrare come, qualunque sia la famiglia di origine (c'è anche una famiglia felice dove mamma papà e figlia giocano tutto il tempo), una volta cresciuta, la prole mostra le stesse problematiche giovanili Marciani affronta l'argomento con una semplificazione che non trova più riscontro nella realtà contemporanea, dove entrambi i coniugi lavorano, e dove le donne hanno sempre più accesso a lavori una volta considerati di esclusivo appannaggio maschile (il papà separato fa il boscaiolo...).
La divisione sessista dei ruoli si riscontra un po' in tutti i quadri di Seguimi: le macchine sono guidate solamente dai ragazzi, che sono gli unici a sedurre, mentre le ragazze si limitano a lasciarsi sedurre, accondiscendenza dalla quale, pare suggerire lo spettacolo, nasce addirittura lo stupro.
Uno dei quadri ci mostra una ragazza tenuta ferma a terra da due ragazzi ridacchiare consenziente mentre un terzo ragazzo le è sopra e la possiede, e solo quando gli altri due ragazzi si sostituiscono al primo sopra di lei, la ragazza smette di ridacchiare e accenna un'espressione contrita.
L'urlo di disperazione le sgorga solo molto dopo la violenza subita, quando le altre presenze-personaggi del quadro le hanno espresso tutto il loro ludibrio mosso più dal peso della disapprovazione sociale che da quello del vissuto personale di violenza subita, secondo lo stesso sentire che un tempo faceva dello stupro un reato contro la morale e non contro la persona.
La sessualità, sia essa autoerotica o di esplorazione dell'altroa, non sembra mai finalizzata alla costruzione della propria identità e, reiterata meccanicamente, è declinata secondo uno solo dei tre orientamenti sessuali, presentato come unica possibilità naturale: la coppia formata da un uomo e da una donna.
La bisessualità e le omosessualità, affrontate molto timidamente, compaiono nello spettacolo solo come situazioni liminari di trasgressione (una ragazza trasferisce una pasticca di estasi dalla sua bocca a quella di una amica e il gesto si trasforma in bacio appassionato) o di sperimentazione libertina (due coppie lui lei si scambiano partner formando momentaneamente anche due coppie dello stesso sesso, ma la ricomposizione finale è sempre lei-lui), o, ancora, come condannata alla solitudine: un ragazzo (più grande), cerca di conoscere un altro ragazzo (più giovane) che gli viene però portato via da una ragazza, rimanendo da solo per sempre...
Ben diversamente dalla realtà contemporanea che vede ragazzi e ragazze vivere la pienezza degli orientamenti sessuali con sempre maggiore auto-consapevolezza e sempre minori barriere tra uno e l'altro.
Insomma la problematica giovanile che lo spettacolo ammannisce al suo pubblico non sembra abbandonare mai l'alveo paternalistico di un giudizio tramite il quale la gioventù, piuttosto che essere compresa o analizzata, viene esibita come si faceva nelle fiere del milleottocento con la donna barbuta o l'uomo scimmia.
L'agnizione finale, che non riveliamo, di grande effetto teatrale (come tutto lo spettacolo del resto) non giustifica l'etero-sessismo o il maschilismo con cui lo spettacolo ci descrive le varie situazioni che servono a esprimere un (pre)giudizio porto con la disinvoltura dell'innocenza dove le donne sembrano avere sempre una malizia in più rispetto agli uomini, che appaiono le vere vittime della situazione.
Un giudizio pernicioso soprattutto nei confronti del pubblico che esce dal teatro trovando conferma a tutti i luoghi comuni assimilati tramite una stampa e una tv complici, che pretendono la (presunta) dissennatezza della gioventù sia connaturata alla condizione giovanile invece di apparire tale solo allo sguardo strabico di un moralismo indigesto e naif.
Anonimi e impersonali, sempre e solamente tipi e mai personaggi, i giovani e le giovani di Seguimi sembrano gli e le artefici di proprio futuro di sconfitta che invece è sempre, anche, il risultato di una società che costringe alla solitudine, presa com'è a esprimere giudizi invece di promuovere la solidarietà.
Prosa
SEGUIMI
La gioventù non è una
Visto il
28-05-2013
al
Spazio Uno
di Roma
(RM)