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SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE

Dei Sei personaggi in cerca d…

Dei Sei personaggi in cerca d…
Dei Sei personaggi in cerca d'autore pare sia stato detto tutto, eppure la commedia rischia di rimanere molto nota nel titolo e per il suo autore, ma poco per la sua natura di metateatro e, ancor meno, per quel che in essa vi si racconta, se anche pubblicazioni autorevoli come il Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi ne conferma fama di opera "difficile e incomprensibile". Uno dei tanti meriti dell'allestimento del Teatro l'Orangerie è quello di (di)mostrare tutta la cristallina limpidezza della trama e dei suoi contenuti. Metateatro significa semplicemente che la commedia parla di teatro (meta significa "che parla a proposito di") e non tanto perchè l'azione si svolge in un teatro dove si sta provando la messinscena di una (altra) commedia di Pirandello (Il giuoco delle parti) quanto perchè sul palcoscenico di quel teatro arrivano dei personaggi vivi come li ha creati il suo autore ma senza una commedia in cui abitare perchè il loro autore non ha voluto o potuto scriverla. In cerca dunque di un autore che li metta in scena, questi personaggi, più vivi degli attori cui chiedono aiuto, perchè determinati una volta per tutte dal loro essere un perosnaggio mentre gli attori in quanto persone hanno una vita indeterminata, mal si riconoscono negli attori che, affascinati dalla loro storia di personaggi, decidono di interpretarli. Gli attori paiono ai personaggi più falsi e meno veri nel rappresentare loro stessi eppure devono rassegnarsi a delegare a loro la messa in scena della loro esistenza perchè a teatro sono gli attori che recitano e non i personaggi, i quali, al massimo, possono fungere da ispirazione per la recitazione degli attori. Se il lettore è stato capace di seguirci fin qui capirà l'eccezionale modernità di questa commedia scritta nel 1921 (rappresentata per la prima volta, tra fischi e grida, al teatro Valle di Roma il 9 maggio di quell'anno). Ma questo testo sarebbe ben poca cosa se la sua forza risiedesse solamente nella, pur se notevole, sua capacità di riflettere sul teatro e sulle modalità del suo farsi (costituendo comunque un punto di rottura irrimediabile, svecchiando tutto il teatro come lo si era conosciuto fino a quel momento). Altrettanta forza dei Personaggi in cerca d'autore risiede nelle implicazioni etiche che, proprio grazie a questa rivoluzionaria formula narrativa, Pirandello affronta: lo sfaldarsi di una società che credeva nell'immutabilità e nella saldezza di una cultura che, persa la fiducia cieca nella trascendenza e dell'assoluto, si ritrova sull'orlo di un abisso di dubbio e relativismo che ancora oggi ci attanaglia. L'allestimento di Giancarlo Fares immerge questo dramma, in un pletorico naturalismo: il pubblico entra in sala a commedia già iniziata, facendolo assistere a 10 minuti di caos tra operai che martellano incessantemente e attori che si scaldano aspettando l'inizio delle prove, un'atmosfera prevista da Pirandello ma prolungata qui fino all'eccesso. Il gioco è quello di voler mettere alla prova i suoi attori quelli già navigati professionisti ma soprattutto i diplomati del terzo anno dell'accademia (facendoli rimanere in scena anche quando il testo pirandelliano prevede delle canoniche pause), che è la vera linfa vitale del Teatro l'Orangerie. Ora questo bagno di realismo ha il pregio di ripulire il testo da tutte le incrostazioni esegetiche che nel tempo lo hanno ricoperto di considerazioni filosofiche e metafisiche restituendogli concretezza e comprensibilità. Lo stesso realismo, però, ha come effetto collaterale quello di sbilanciare il punto di vista offerto allo spettatore troppo a favore della recitazione e degli attori a discapito dei Personaggi la cui recitazione è troppo umana e meno astratta di come la volesse Pirandello (al punto tale che, nella stesura del 1925, il drammaturgo decise di far metter loro delle maschere a sottolineare la loro natura speciale). Nonostante il metateatro così disinvoltamente mostrato l'immaginario collettivo cui Faes attinge per la sua regia rischia di sembrare quello classico (e un po' trito) degli attori-guitti (soprattutto nel caso della prima attrice molto più macchietta che nelle intenzioni di Pirandello). Valga una scena per tutte. Quando i Personaggi del Padre e della Figliastra hanno raccontato del loro terribile incontro nel postribolo di Madama Pace e gli attori provano a recitare i loro ruoli, mentre Pirandello si raccomanda nelle didascalie di non operare nella interpretazione degli attori alcuna parodia, ecco che Fares non sa resistere alla tentazione di sviluppare la scena secondo i clichè degli attori affettati e dai gesti posticci. Lo stesso si ripete nella chiusa dello spettacolo nella quale, in seguito a un problema con le luci che lascia momentaneamente la scena al buio, permettendo ai Personaggi di sparire dalla scena come fossero state presenze fantasmatiche, si presenta sensibilmente diversa da quella pirandelliana, finendo per dare più importanza agli Attori della commedia che ai Personaggi, all'umanità del Capocomico in particolar modo che è l'ultimo a lasciare la scena, mentre Pirandello aveva dedicato il finale ai Personaggi che, essendo condannati a rimanere eternamente uguali a se stessi alla ricerca vana di una commedia che li esprima, sono visti allontanarsi dal palcoscenico. Una tentazione troppo forte da resistere per chi ama il teatro al punto tale da dedicarsi all'insegnamento e all'educazione degli attori di domani. Ma gli attori sono tutti molto bravi, molto convincenti nei ruoli assegnati (tranne l'attrice che interpreta madama Pace, sensibilmente diversa da quella descritta da Pirandello) e l'allestimento funziona e regge fino alla fine ricordandoci che ancora oggi c'è chi pratica il teatro con amore e immenso rispetto. E scusate se è poco. Roma, Teatro l'Orangerie dal 18 febbraio al 15 marzo 2009
Visto il
al L'Orangerie di Roma (RM)