Extra
SIN PECADO CONCEBIDO

Sin pecado concebido: perfezione e (dis)armonia

Sin pecado concebido: perfezione e (dis)armonia

Assistere a uno spettacolo di tango, anche per i non addetti, è un trasportarsi di fatto in un altro luogo, fisicamente. Ci sono gli alti soffitti e l’ampia cavea della sala Petrassi dell’Auditorium di Roma a darti delle coordinate geografiche, ma quanto accade sul palcoscenico di lì a poco pare cambiare tutto questo e cambiare poltroncine di velluto e fari di teatro in una sala da ballo spagnola. Fasci di ghiaccio e fuoco giungono ad illuminare una scena in cui tre coppie di danzatori – la compagnia No Bailars – accompagnano (piuttosto che essere accompagnati) il “Guillermo Rubino Quarteto” – violino, piano, il bandoneòn (lo strumento tradizionale del tango), chitarra, contrabbasso, e naturalmente la voce di Aureliano Marin.
Coreografia, ballo, musica e canzone: questo più o meno lo schema che incornicia un’esibizione di tango. Tutto ciò all’interno del “Buenos Aires Tango 2010”, la cui terza edizione coincide con i festeggiamenti e del bicentenario dell’indipendenza dell’Argentina e con un secolo di storia della più conosciuta danza della nazione. Sono questi i riferimenti che avvolgono ogni esibizione che dall’8 al 19 settembre 2010 ha luogo in ogni spazio utile dell’Auditorium, compresi quelli all’aperto, trasformati in vere e proprie milonghe, cave dove ballare il tango, la milonga e gli altri balli conosciuti.

L’esibizione in sé per sé offre uno specchio e una porta d’accesso senza pari non solo al percorso artistico e umano dei musicisti e dei danzatori coinvolti, ma alla storia stessa e del ballo e della nazione, che inevitabilmente rimanda alle origini miste di queste straordinarie danze i cui caratteri, importati dagli avventurieri spagnoli, incontrarono l’havanera degli schiavi liberati e i balli dei gauchos.
Come recita il programma, le coreografie di Silvana Grill, direttrice e coreografa della compagnia “No Bailars” che propone in prima assoluta questo spettacolo, uniscono la popolarità del ballo alle situazioni quotidiane, mix che permette una vasta gamma di situazioni/quadri in cui i ballerini possono esprimere al meglio tutte le proprie potenzialità non sono artistiche, ma perfino ginniche e acrobatiche. Lo struggimento e la perfezione del passo del tango si trasformano allora in occasione per repentini cambi di ritmo e di costume che accompagnano vere situazioni all’interno di una coppia, di un trio, di un gruppo che si scioglie, si mescola e si divide di nuovo in un (dis)ordine perfettamente sincronizzato e studiato, con una tecnica dai livelli inimmaginabili.
Alle loro spalle vibrano gli accordi e la voce di melodie romantiche, rapide, ritmate o suadenti a seconda del caso, a seconda del genere utilizzato – Aureliano Marin strizza comunque l’occhio e il contrabbasso allo swing e a note quasi jazzistiche – con uno spezzare sincopato e improvviso del ritmo che produce sorprese e incanti nell’uditorio.

È lo spirito giovane di una nazione giovane che si muove in queste danze, in una storia che pare voler lasciare da parte malinconie e tristezze per cantare e ballare la propria rivalsa secondo uno studio attento e serissimo di passi e coreografie, ma che nulla toglie e può togliere allo spirito e all’arte unica dell’improvvisazione del tango, quel matematico calcolo di traiettorie non solo di gambe e corpi, ma di sguardo e anima che si fondono negli occhi e negli abbracci brucianti dei ballerini.

Visto il 14-09-2010